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Teppista, ora prova a indossare una divisa

Mettetevi nei nostri panni per vedere di nascosto l’effetto che fa. Non si tratta di una sfida-invito retorica quella lanciata dalla polizia locale di Crema a giovani e giovanissimi, ma il tentativo di rovesciare le parti nel gioco di ruolo tra chi infarcisce di violenza e maleducazione sere e notti

Paolo Gualandris

Email:

pgualandris@laprovinciacr.it

10 Novembre 2024 - 05:30

Teppista, ora prova a indossare una divisa

Mettetevi nei nostri panni per vedere di nascosto l’effetto che fa. Non si tratta di una sfida-invito retorica quella lanciata dalla polizia locale di Crema a giovani e giovanissimi, ma il tentativo di rovesciare le parti nel gioco di ruolo (che poi tanto gioco non è, anzi) tra chi infarcisce di violenza e maleducazione sere e notti versus gli uomini in divisa che per definizione devono vigilare per impedire tutto ciò. In parole povere a vedere la strada e il mondo da un altro punto di vista.

Come è noto, gruppi di ragazzini, per lo più figli di immigrati o minori arrivati non accompagnati in Italia, ma anche baby cremonesi, sono diventati un problema nel capoluogo così come a Crema e in alcuni paesi della provincia. Con le loro liti, aggressioni, gesti di maleducazione terrorizzano i residenti facendo crescere l’allarme sociale. Non sono baby gang, spiegano le forze dell’ordine, ma gruppi fluidi che si trovano e si disperdono a seconda dei giorni. Niente di organizzato, comunque pericolosi per chi li incontra sulla propria strada e si prende il compito di rimproverarli nel tentativo di riportarli a un atteggiamento civile. No, loro si ribellano, sono strafottenti e irrispettosi, insultano e qualche volta colpiscono. È di venerdì la notizia dei sei giovani, tutti minorenni, denunciati dalla polizia locale per l’aggressione a una guardia giurata del centro commerciale CremonaPo avvenuta la sera del 13 ottobre, con uno dei sei nei guai anche per ricettazione.

Ora, gli uomini della polizia locale cremasca chiedono proprio a ragazzi che hanno perso la retta via, già segnalati alle forze dell’ordine o ai servizi sociali, di andare in pattuglia con loro a gruppi di quattro, affiancandoli a coetanei che di questi problemi non ne hanno avuti.

Per la prima volta sbarca in provincia di Cremona il progetto ‘Ragazzi on the road’, dedicato a giovani tra i 16 e i 18 anni, nato nella bergamasca e fin qui già collaudato in undici anni in più d’una città lombarda, coinvolgendo centinaia di giovani cittadini. Lo ha sposato il Comune di Crema ed entro qualche settimana diventerà operativo, quando cioè i primi selezionati avranno seguito un percorso di formazione. Assieme agli agenti batteranno le strade avendo modo di sperimentare l’evidenza dei fatti, stando però dall’altra parte della barricata.

Un progetto rivoluzionario rispetto al modo di lavorare sulla prevenzione e sulla legalità in quanto coinvolge i giovani in un percorso volto a una maggiore consapevolezza. Una sorta di incubatore per educare alla realtà e infondere consapevolezza di rischi, pericoli e conseguenze che si corrono di giorno e di notte. Ovviamente, non faranno il cosiddetto pronto intervento, non arriveranno nei punti caldissimi per sedare risse o situazioni simili. Avranno però forse modo di capire cosa si prova se fermando qualcuno per un controllo costui ti si rivolta contro, ti prende a male parole, ti spintona, ti minaccia.

Le cronache raccontano fatti come questi, con i fermati che rispondono con arroganza agli uomini in divisa. Colpevoli solo di fare il proprio lavoro, vengono sfidati con la sfrontatezza di chi non conosce le regole - oppure, se ne ha contezza, le rifiuta platealmente -, non ammettendo alcuna autorità. Nei casi limite accade anche che alla semplice richiesta di declinazione delle generalità i teppisti arrivino ad aggredire i controllori, a brandire bottiglie spezzate a mo’ di arma, a esibire minacciosamente coltelli. Non sono scene da film, ma flash su episodi registrati nelle serate e notti folli che purtroppo ci tocca raccontare.

Mettersi nei panni dell’altro, come faranno i ragazzi di Crema, è una grande sfida soprattutto se la persona o le persone con le quali ci si relaziona hanno valori che non si condividono. Ed è questo il caso. Di pattuglia si possono percepire le diverse sfumature di una determinata situazione, si impara a mettere da parte il proprio portato di valori (o più facilmente disvaslori, nel nostro caso), innescando i germi della consapevolezza che la propria visione non è l’unica possibile. Vivere emozioni e pensieri di chi solitamente detestiamo o odiamo solo perché non ci lascia mano libera nell’essere fuori dalla legge. L’iniziativa cremasca propone un cambio di paradigma rispetto al modo di affrontare il tema del contrasto all’adolescenza difficile. Non solo presidi, controlli e linea dura che, per quanto efficaci, agiscono nell’immediato ma non hanno effetto sulle cause. Quella pattuglia diventa un presidio educativo a tutti gli effetti.

«Non pensavo che si facessero così tante attività. Un’esperienza unica che lascia il segno e che consiglierei ai miei amici», ha significativamente detto uno dei ragazzi dopo aver indossato i panni delle forze dell’ordine partecipando al progetto in provincia di Bergamo. «Un’esperienza emotivamente forte», conferma chi è stato al suo fianco nell’equipaggio. «Non è sicuramente come sentirselo raccontare ed è una cosa che ti rimane. Ogni volta è una sorpresa». Ma soprattutto «il pensiero che avevo sulla polizia e sulle forze dell’ordine è cambiato dopo oggi».

Ora vogliamo sperare che l’esperimento di Crema germogli e si consolidi, ma soprattutto che possa essere seguito anche da altre amministrazioni locali. «L’emergenza sociale coinvolge sempre più minorenni ed è evidente in moltissime città italiane. Tra le principali cause la descolarizzazione e la mancanza di modelli adeguati in famiglia, spesso a causa dell’assenza dei genitori», ha dichiarato l’assessore alla Sicurezza di Cremona, Santo Canale, dopo l’identificazione dei sei giovanissimi. «Come comunità abbiamo il dovere di intervenire offrendo punti di riferimento dove questi siano assenti, garantendo supporto e costruendo progetti volti alla rieducazione sociale di questi ragazzi ma il messaggio inviato loro deve essere chiaro: pur trattandosi di delinquenza minorile, nessun reato sarà trascurato, le forze di polizia collaboreranno sempre al massimo per individuare i responsabili e questi saranno chiamati a rispondere dei reati commessi».

Repressione certo, ma soprattutto educazione. Di questo si avverte il bisogno. «Se sulla diffusione della violenza giovanile i pareri degli esperti sono discordi, è certo però che gli atti di violenza imputabili ai giovani riguardano soltanto una ristretta minoranza di individui. Le conseguenze sono tuttavia pesanti per le vittime, per la società nel suo insieme e per gli autori stessi» si legge in un vecchio rapporto del Consiglio federale elvetico (tutto il mondo è paese). Lavorare sulla parte sana è parimenti necessario. In questo senso va registrato con piacere l’atteggiamento di «piacevole sorpresa», così è stato definito, tenuto dai ragazzi di un istituto superiore cittadino di Cremona. Non hanno vissuto come un’invasione l’arrivo nelle aule di Grom, cane antidroga accompagnato dai carabinieri del Gruppo cinofili con i ragazzi più interessati alle modalità operative del gruppo che infastiditi per la presenza delle divise. Ripartiamo da qui.

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