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GLI INDUSTRIALI IN ASSEMBLEA. LA TAVOLA ROTONDA

Mini reattori nucleari contro il caro energia

Progetto della Newcleo. E sul Governo Renzi ‘strapazza’ la platea

Massimo Schettino

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04 Novembre 2024 - 21:09

Mini reattori nucleari contro il caro energia

Cabrini, Salini, Renzi, Gozzi e Buono

CREMONA - Piccoli impianti nucleari che potranno essere realizzati nel giro di pochi anni e posizionati vicino agli impianti industriali per aumentarne la competitività abbattendo i costi dell’energia. È il progetto a cui sta lavorando il fisico Stefano Buono, co-fondatore e Ceo della Newcleo, startup nata con l’obiettivo di sviluppare piccoli reattori veloci raffreddati al piombo, pensati per essere prodotti in serie e trasportati.

L’obiettivo è un costo di 60 euro a megawattora contro i 100 attuali. Buono lo ha spiegato nel corso della tavola rotonda moderata Andrea Cabrini, direttore di Class CNBC, a cui hanno preso parte anche Antonio Gozzi, presidente Federacciai; Matteo Renzi, senatore di Italia Viva e Massimiliano Salini, europarlamentare, vice presidente del Ppe. «Il progetto — ha spiegato Buono — è in una fase molto avanzata. Abbiamo raccolto 537 milioni di euro e abbiamo 800 dipendenti. Il primo reattore sarà realizzato in Francia perché il combustibile arriva dal riciclo delle scorie e lì c’è questa possibilità. Ma richieste sono arrivate anche dall’Italia, dove però il quadro normativo manca».

È stata quindi mostrata un’intervista video al ministro Gilberto Pichetto Fratin che pur sottolineando la necessità di procedere con i piedi di piombo, annuncia di aver presentato una proposta di disegno di legge delega con cui l’Italia «nel 2026/27 potrà essere nella condizione di essere pronta».

Buono ha parlato del nucleare come dell’elefante nella stanza: «È una tecnologia matura molto sicura che non impatta il territorio e non ha neanche più bisogno del deposito delle scorie». Sulla questione, Renzi ha attacco ‘l’ideologia verde’: «Bisogna superare le follie del Green Deal e puntare sul nucleare di vecchia e nuova generazione. Mi hanno sputato addosso ai tempi delle trivellazioni nell’Adriatico. Ma questo è un paese dei sogni in cui le opere devono essere sempre realizzate nel giardino di qualcun altro».

Renzi ha poi criticato la presidente della commissione Ue: «Un disastro, non è una leader ma una follower che segue la moda del momento. Con lei abbiamo distrutto la nostra manifattura e ci siamo sparati sui piedi. I tanti contributi alla Fiat? È inutile piangere sul latte versato. Nel settore automotive bisogna puntare su un ‘campione europeo‘ e unire le forze tra Stellantis e Renault». Renzi ha poi strapazzato la platea «che all’80% ha votato per questo governo. Ebbene in questa legge di bilancio c’è una norma che obbliga le aziende che percepiscono contributi pubblici a integrare i propri Cda con un revisore dei conti di nomina del Mef, una norma sovietica. E voi tutti zitti per non disturbare il manovratore. Noi abbiamo fatto il provvedimento Industria 4.0 e il Job’s Act e questo governo in due anni non ha fatto nulla per le imprese. Solo leggi sovietiche e la promessa di riforme nel giorno del poi e nell’anno del mai. Il governo spende un miliardo per mandare 800 migranti in Albania, lo 0,5% dei 160mila irregolari che arrivano ogni anno, invece di formarli e dar loro un’opportunità mandandoli magari a lavorare nei campi a Cremona. Vi è rimasto un po’ di buonsenso lombardo per dire a questo governo che deve cambiare passo?».

Salini, dopo un siparietto con Renzi che lo ha accusato di essere ancora più all’opposizione di lui ma di non voler uscire allo scoperto perché «sei più democristiano di me», ha replicato: «Si vede che è iniziata la campagna elettorale» e ha difeso (tiepidamente) l’esecutivo Meloni: «Con così poche risorse anche il migliore dei governi sarebbe in difficoltà». Poi ha aggiunto: «Dobbiamo smettere di spendere in pensioni il quadruplo dei altri».

Salini ha quindi battuto sul tasto del ritorno alla cooperazione fra Paesi Ue che invece in questi anni è stata sostituita dalla competizione. E Gozzi ha parlato di un «problema culturale. Occorre un’agenda condivisa; un lavoro difficile, anche sul lato degli industriali. Ci sono interi settori europei (ceramica e chimica di base, per esempio) che con la ‘neutralità climatica’, scompariranno e hanno cessato di fare investimenti».

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