L'ANALISI
31 Ottobre 2024 - 21:54
CREMONA - «Gratitudine, fierezza, missione» sono le tre parole affidate dall'arcivescovo di Milano Mario Delpini, metropolita di Lombardia, ai fedeli che gremivano il Duomo nel tardo pomeriggio di oggi, e che poi hanno riaccompagnato in processione nella Santa Casa di Sant’Abbondio, a quattrocento anni dalla sua fondazione, la statua della Madonna lauretana. La messa presieduta da monsignor Delpini è stata concelebrata dal vescovo Antonio Napolioni, dall'emerito Dante Lafranconi, dal vescovo cremonese di Trieste Enrico Trevisi e da una folta rappresentanza del presbiterio cittadino, con il vicario zonale don Pietro Samarini e il parroco di Sant'Abbondio don Andrea Foglia.
Dal vescovo Napolioni, in «una serata di particolare letizia spirituale» nella vigilia di Ognissanti il saluto introduttivo all'arcivescovo e alle autorità civili e militari presenti, in particolare a quelle per la prima volta presenti a una celebrazione in Cattedrale: il prefetto Antonio Giannelli, il vicesindaco Francesca Romagnoli, il questore Ottavio Aragona.
«Perché la gente preferisce essere triste invece che lieta, disperata invece che fiduciosa? Perché siamo rassegnati invece che audaci e fiduciosi?», ha esordito monsignor Delpini nell'omelia, constatando il diffondersi di una «solitudine desolata» in cui «sono sono più popolari il lamento e l'infelicità invece del cantico dell'esultanza». Nella sua riflessione si tratta di «una infelicità costruita con le proprie mani, piuttosto che ricevere il dono della gioia, in una solitudine in cui ci si può illudere di essere padroni di se stessi e della propria vita» invece che relazionarsi nella «comunione».
Ma Cremona ha una risorsa – e, a fine celebrazione, il metropolita ha confessato un po’ di ‘invidia’ perché la sua Milano non ha più un santuario lauretano – una «Casa nel cuore della città» dove i credenti possono ascoltare le confidenze di Maria e la parola rivoltale dall'angelo nell'Annunciazione: «Rallegrati. Possiamo imparare da lei – ha aggiunto – la via della gioia invece che dell'infelicità, accogliendone in dono la grazia, perché tutto è grazia». Come per i poveri delle Beatitudini che «non possono comprare la felicità», quelli che piangono che «possono solo confidare nel Consolatore», gli affamati di giustizia, che «non possono procurarla se non alleati di Dio».
«Se siete troppo indaffarati a cercare ciò che vi manca – ha esemplificato – state un po' fermi, attenti, calmi», e ha citato la lettera pastorale del vescovo Napolioni, con i riferimenti al silenzio della Santa Casa, propizio alla «preghiera del cuore», ove è possibile fermarsi, riposare, dialogare, fare «manutenzione degli affetti». No dunque alla rassegnazione di ritenersi «solo un fallimento» perché ciascuno ha da Dio un dono e un compito, e qui l'arcivescovo di Milano ha ribadito alcune indicazioni concrete del vescovo Antonio: visitare le persone sole e ammalate, intrattenere rapporti cordiali e di buon vicinato, bussare alle porte dei vicini per annunciare il Vangelo». Dunque la gratitudine per i doni di Dio, la fierezza di esserne figli, la missione.
Allo scambio del segno di pace, monsignor Delpini è sceso dal presbiterio per un particolare saluto al parroco emerito di Sant'Abbondio, monsignor Giuseppe Soldi, che ha voluto, pur in carrozzina, essere presente. Poi, al termine della liturgia si è snodata, imponente, per le vie del centro la processione che ha riportato la statua della Madonna nera nel suo santuario. Preceduta dal gonfalone comunale con le autorità, scortata da carabinieri in alta uniforme e accompagnata dagli inni della tradizione mariana eseguiti dal complesso bandistico ‘Città di Cremona’. In Sant'Abbondio l'arcivescovo Delpini ha recitato la preghiera alla Vergine e impartito la benedizione ai molti cremonesi che hanno confermato e rinnovato la plurisecolare devozione alla compatrona della città.
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