L'ANALISI
23 Ottobre 2024 - 05:15
CREMONA - Si avvera la profezia dei sindacati: con la ripresa autunnale, torna lo spettro della cassa integrazione, con una carica senza precedenti. Secondo i dati forniti dalla Cna lombarda, l’emergenza riguarda il settore meccanico, che nel periodo gennaio-agosto 2024 ha registrato un aumento di richieste pari al 24% rispetto all’omologo range di tempo del 2023. Nero come la pece lo scenario lombardo, grigio scuro quello cremonese: la cassa integrazione riguarderebbe 'solo' 94 aziende. «Se la Lombardia accusa, per così dire, i sintomi di una febbre a 37.5 – commenta Giovanni Bozzini, presidente Cna Lombardia – si può dire che Cremona sia interessata da una febbricola: sul 36.9, diciamo».
Le aziende lombarde del settore meccanico che hanno richiesto la cassa integrazione sono passate in un anno da 1.927 a 2.918, mentre i dipendenti da 10.732 a 17.354. Stavolta non si tratta di un presagio, ma di una certezza. «Siamo preoccupati per questo incremento – aggiunge Bozzini – anche perché i nostri dati, che vengono da Elba, sono affidabili: gestiamo in tempo reale questo fondo di cassa integrazione, per cui siamo in grado in ogni momento di contare le aziende che richiedono il sussidio, ivi compresa la loro entità». La crisi lombarda affonderebbe le proprie radici in una serie di macrofenomeni di natura geopolitica. «Sul meccanico – spiega Bozzini – pesa l’andamento del settore automotive e della crisi tedesca. Ci attendiamo che le ricadute siano in crescita su tutta la filiera».
A quanto emerge dai dati, la situazione provincia di Cremona non sarebbe disastrosa. La stragrande maggioranza delle aziende che hanno richiesto il sussidio prevede di liberarsene con scadenze relativamente brevi (55 aziende su 94 lo hanno richiesto fino a 50 giorni); nessuna impresa ne avrebbe bisogno per più di 130 giorni. «Delle aziende cremonesi che hanno fatto richiesta della cassa – argomenta Bozzini – una buona parte apparterrà al settore meccanico. Altri settori particolarmente colpiti sono poco rappresentati nel territorio: il settore calzaturiero, che è più in difficoltà, non è tipico del cremonese. Lo stesso vale per arredo e moda, poco presenti a Cremona». I numeri aumentano anche in concomitanza del ritorno alle attività dopo le ferie. «Più ci si avvicina al periodo autunnale – spiega Bozzini – più la crisi si vede».
Tirando le somme, nonostante i numeri ridotti, anche a Cremona si paventa una prospettiva di imprenditorialità timida e paralizzata: «In questo momento – conclude Bozzini – gli imprenditori non si trovano nelle condizioni di fare previsioni. Non si vuole far magazzino, che potrebbe improvvisamente rimanere inutilizzato. Si cerca di rimediare lavorando sulle commesse, che però non sono più a lungo respiro. La conseguenza è che la produzione rallenta: finite le ferie, non ci sono altre vie d’uscita che ricorrere alla cassa integrazione».
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