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IMPRENDITORIA FEMMINILE: I DATI E GLI SCENARI

Per le capitane d’azienda la scalata è... un’impresa

Il 21% delle realtà imprenditoriali della provincia è guidato in misura prevalente da donne. Tra le sfide da affrontare l’accesso limitato al credito e la persistenza di stereotipi di genere

Riccardo Maruti

Email:

rmaruti@laprovinciacr.it

09 Ottobre 2024 - 05:20

Per le capitane d’azienda la scalata è... un’impresa

CREMONA - In provincia di Cremona oltre un’impresa su cinque — per l’esattezza il 21,1% — ha una leadership al femminile: un dato in linea con la media italiana e tra i più elevati nel quadro della Lombardia, dove solo Sondrio con il 24% e Pavia con il 22% fanno registrare percentuali più alte. In base alle ultime rilevazioni di PoliS Lombardia-InfoCamere, l’imprenditoria cremonese al femminile gode di buona salute: i numeri in lieve crescita — con un ritocco al rialzo di 9 aziende, rispetto al bilancio 2023, che ha portato il totale a quota 5.750 — rispecchiano l’andamento regionale, dove le donne al comando stanno recuperando lentamente posizioni dopo l’arretramento generalizzato dell’anno passato. Sotto la definizione di ‘imprese femminili’ rientrano le realtà imprenditoriali la cui partecipazione del controllo e della proprietà è detenuta in prevalenza o esclusivamente da donne. Nel territorio cremonese è predominante la quota delle imprese individuali, che corrispondono al 62% e staccano sia le società di capitale, ferme al 20,5%, sia quelle di persone, che non superano il 15,5%.

IL SOFFITTO DI CRISTALLO

Nonostante i progressi del processo di empowerment femminile, le imprenditrici continuano a rappresentare una quota minoritaria della classe imprenditoriale. Il proverbiale soffitto di cristallo, dunque, non è ancora stato infranto. Tra le sfide che le imprenditrici sono chiamate ad affrontare rientrano, ad esempio, l’accesso limitato ai finanziamenti per avviare o espandere un’attività; la persistenza di stereotipi di genere e discriminazioni che influenzano sia le opportunità di networking che la fiducia di partner commerciali e clienti; lo squilibrio tra lavoro e vita privata; le barriere che complicano la partecipazione a reti di supporto e mentoring; la mancanza di rappresentanza e modelli di ruolo; l’accesso limitato rispetto agli uomini a programmi di formazione specifici per la gestione d’impresa e l’innovazione.

IL QUADRO NAZIONALE

Secondo gli ultimi dati disponibili, rilevati dall’Osservatorio Imprenditoria Femminile di Unioncamere–Infocamere, realizzato con il supporto di SiCamera e del centro studi Tagliacarne, a fine 2023 le imprese femminili in Italia erano un milione e 325mila, il 22,2% del totale del tessuto produttivo nazionale. L’anno passato ha segnato una battuta d’arresto nella crescita delle imprese guidate da donne. Nel 2023, infatti, le imprese femminili sono diminuite di 11mila unità (-0,9%). Tra le tendenze positive, tuttavia, figura la crescita delle realtà — oltre 2mila in più — che si occupano di attività professionali, scientifiche e tecniche, settori a prevalente partecipazione maschile. Il tasso di femminilizzazione di queste imprese sfiora il 20%. Sono in sensibile aumento, inoltre, le imprese femminili che si occupano di attività immobiliari (+1.200), noleggio, agenzie di viaggio e servizi di supporto alle imprese (+1.000) e attività finanziarie e assicurative (+550). Il 10,6% delle aziende femminili è guidato da imprenditrici under 35 (contro il 7,9% delle attività non femminili). Le imprese femminili sono generalmente di piccola dimensione, hanno una produttività inferiore del 60% rispetto alle aziende non femminili e hanno un tasso di sopravvivenza più basso. Tuttavia, va evidenziata la crescente propensione delle imprenditrici a far ricorso a modelli aziendali più strutturati: le società di capitale femminili infatti, sono aumentate dell’1,7%, arrivando a rappresentare oltre un quarto del totale delle aziende guidate da donne.

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