Cerca

Eventi

Tutti gli appuntamenti

Eventi

AUTUNNO CALDO IN PROVINCIA: L’OCCUPAZIONE

Disoccupati al minimo, ma cresce la precarietà

Preoccupa la ‘qualità’ dei posti e si sgretola la volontà di costruire percorsi professionali

Giacomo Guglielmone

Email:

gguglielmone@laprovinciacr.it

05 Ottobre 2024 - 05:10

Disoccupati al minimo, ma cresce la precarietà

CREMONA - Il mare, come previsto, è agitato. Vi galleggiano, come iceberg pronti a colpire, variabili che possono, ognuna, infliggere danni pesanti e far svanire quel filo di ottimismo che ha fatto capolino nel cuore dell’estate. Stiamo parlando della bolletta energetica, dei tassi di interesse, degli scenari internazionali e delle guerre che impattano sulle filiere. E poi bisogna fare i conti con le ombre ‘esistenziali’, da crisi antropologica, che si allungano sul rapporto con il lavoro, con il sacrificio, con la qualità della formazione, con la costruzione di una carriera, di una professionalità, di una famiglia, di un futuro, con la crescita personale; tutte cose che tendono a diventare evanescenti nella fascia di età produttiva, con la sistematica esclusione degli immigrati, che infatti continuano a ricoprire ex novo attività lavorative che i cremonesi non vogliono svolgere. I dati di partenza sono questi: Cremona registra un tasso di disoccupazione del 2,6%, il secondo più basso in Italia; e la popolazione occupata nel 2023 è cresciuta di 8.000 unità, raggiungendo quota 154.400, il dato più alto degli ultimi dieci anni. Ma dietro questi numeri tante cose non vanno.

fddfd

«I dati, apparentemente positivi, nascondono un peggioramento della qualità del lavoro — spiega Elena Curci, segretaria generale Cgil Cremona —. Stiamo assistendo a un aumento dei contratti a tempo determinato e dei contratti di somministrazione anche nella nostra provincia, segnali di una precarietà crescente. Il disegno di legge sul lavoro, attualmente in discussione alla Camera, rappresenta un ulteriore passo indietro. Con i suoi 33 articoli, non solo non risponde alle esigenze reali del Paese, ma rischia di peggiorare una normativa già troppo flessibile. La possibilità di utilizzare contratti di somministrazione senza alcun limite temporale fa sì che un lavoratore possa restare per decenni in un’azienda senza mai ottenere una stabilizzazione. Questo è inaccettabile. La situazione resta particolarmente difficile per giovani e donne, categorie già colpite da precarietà e disuguaglianze. I dati sull’occupazione — continua Curci — mostrano una realtà allarmante: il nostro sistema non è in grado di creare posti di lavoro stabili e di qualità, fondamentali per la crescita sostenibile del nostro territorio e del Paese. È ora di un cambio di rotta e di un’agenda politica che metta al centro il futuro di chi lavora».

Secondo Ivan Zaffanelli, segretario generale Cisl Asse del Po, «i dati ci inducono ad un cauto ottimismo. Ora la grande sfida sta nel consolidare questo andamento e stabilizzarlo. Dobbiamo porre grande attenzione alla qualità dei contratti e dunque puntare a politiche generali di crescita salariale. Sull’occupazione femminile abbiamo il dovere di dare risposte a molte donne che ancora rimangono intrappolate in contratti part time ‘involontario’: le donne continuano a essere sottorappresentate in molti settori, in parte a causa della mancanza di politiche di conciliazione tra vita lavorativa e familiare. Per rispondere a questa sfida, è necessario che le istituzioni e le imprese cremonesi implementino misure di welfare più incisive, che permettano alle donne di mantenere una presenza stabile e continuativa nel mondo del lavoro. Sui giovani dobbiamo continuare ad aggredire il problema dei Neet (chi non studia, ne lavora), è necessario un grande investimento nella formazione e nelle politiche attive per il lavoro, il mismatch tra domanda e offerta di competenze continua a penalizzare molti dei nostri ragazzi, specialmente in settori altamente specializzati dove la mancanza di formazione adeguata crea un vuoto significativo. È essenziale — conclude Zaffanelli — rafforzare il legame tra mondo della formazione e mercato del lavoro, promuovendo percorsi di apprendistato e tirocini mirati».

«Al di là dei numeri — spiega Germano Denti, coordinatore territoriale Uil — trovo che se si guarda al lavoro, anche a livello locale, abbiamo un problema di volontà, di determinazione, che va di pari passo con il continuo peggioramento dei livelli di preparazione di base forniti dalla scuola e con la presenza del nero, che dilaga soprattutto in alcuni settori, il che significa che abbiamo anche un problema di diritti civili e di principi. Non c’è più l’idea di andare a bottega, di imparare, di impegnarsi, giorno dopo giorno, per creare una professionalità. I posti ci sono, ce ne sono tanti. Ma sempre più spesso le aziende, che a livello locale sono attente alle cose più importanti, a cominciare dalla sicurezza nei posti di lavoro, hanno difficoltà ad assegnarli. Di recente un’azienda che opera a livello locale aveva bisogno di un certo numero di addetti per attività nel proprio stabilimento. Attività legate alla gestione dell’area, soprattutto del verde. Contratto regolare, come avventizi, tutte le dotazioni per lavorare come si deve, 1.600 euro netti al mese. Bastava la terza media. Bene: dei quattro italiani assunti, dopo un mese non ne è rimasto nessuno. Ora sono tutti indiani. È vero che devi tagliare l’erba sotto il sole, ma è altrettanto vero che hai la terza media. Un’analoga situazione sfuocata - prosegue Denti - la incontro quando vengono da me operai che guadagnano bene, anche 2.000-2.500 euro al mese, ma che finiscono nelle difficoltà perché cambiano di continuo gli smartphone di alta gamma e comprano auto da 40-50 mila euro. Se guadagni 20 e spendi per 30 non tiri avanti. Per invertire la rotta bisogna che molte cose cambino. Credo che la prima su cui è il caso di intervenire è la scuola. Una buona scuola, buoni maestri, bravi professori sono la matrice di un sistema che funziona meglio».

Commenta scrivi/Scopri i commenti

Condividi le tue opinioni su La Provincia

Caratteri rimanenti: 400