L'ANALISI
02 Ottobre 2024 - 21:21
VAIANO - Abitano nello stesso paese, ma non si conoscono, Augusto Sponchioni, 48 anni, agente della polizia locale in servizio a Monte Cremasco, e Francesco Hornik, 23 anni. Il primo ha accusato il secondo di averlo diffamato pesantemente su Facebook, dandogli del «localotto, bastardo prima o poi ti ammazzerà qualcuno nano di m...». Un commento offensivo sotto la fotografia pubblicata sul social del Comune di Monte Cremasco in occasione della cerimonia del 25 Aprile del 2020. In foto, l’agente Sponchioni con il sindaco-avvocato Giuseppe Lupo Stanghellini.
Il commento porta la ‘firma’ di Francesco Hornik, ma la prova che sia stato proprio lui a scriverlo non è stata raggiunta sia per il giudice che oggo lo ha assolto «per non aver commesso il fatto», sia per il pm onorario, Silvia Manfredi, che aveva chiesto l’assoluzione, «perché non è stato accertato se la frase fosse davvero dell’autore».
«Io non conoscevo la persona, non so il perché abbia scritto quella frase», ha detto l’agente della polizia locale, che al processo si era costituito parte civile con l’avvocato Lupo Stanghellini. Al giudice, il vigile ha spiegato perché nella foto che ritrae lui con il sindaco, si è sentito ‘tirato in ballo’, perché ha ritenuto che fosse proprio lui, agente della polizia locale, il destinatario del commento diffamatorio. «‘Localotto’ ha un significato. E poi ‘nano’: dei due, io ero il più basso». Ha spiegato perché ha presentato querela ai carabinieri, che risalirono all’imputato, già conosciuto, convocato in caserma. «Mi sono sentito offeso e minacciato, soprattutto la minaccia per la mia famiglia», ha fatto mettere a verbale l’agente Sponchioni.
«’Localotto’ è riferito alla qualifica dell’agente della polizia locale. Non vi è dubbio che la frase sia lesiva dell’onore e del decoro dell’agente», ha sottolineato l’avvocato di parte civile e sindaco Lupo Stanghellini, il quale aveva insistito affinché l’imputato venisse condannato anche a risarcire con 10mila euro il vigile.
Per i difensori Stefania Giribaldi e Davide Garbetta, «gli indizi a carico del signor Hornik non costituiscono prova certa della sua responsabilità penale al di là di ogni ragionevole dubbio in quanto, per esempio, dagli atti non emerge che sia stata effettuata una verifica dell’indirizzo IP (Internet Protocol), perché come è noto, è facilissimo clonare un profilo Facebook». E ancora: «Quanto scritto non è indirizzato direttamente alla persona offesa, ma al profilo Facebook del Comune, dunque, potrebbe provenire da un altro soggetto o da un altro dispositivo». Entro sessanta giorni sarà depositata la motivazione della sentenza che ha lasciato l’amaro in bocca all’agente Sponchioni, convinto che a diffamarlo su Facebook fosse stato quel giovane che abita nel suo stesso paese, ma che non ha mai conosciuto.
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