L'ANALISI
01 Ottobre 2024 - 16:45
Nei riquadri gli avvovati Zontini e Gigliotti
CREMONA - La Corte d’appello di Brescia ha condannato a 4 anni e 3 mesi un giovane oggi 22enne, accusato di due violenze sessuali. L’anno è il 2022. Il 5 agosto, per l’accusa avrebbe abusato, sotto un albero, di una ragazza diciottenne, amica d’infanzia riagganciata su Instagram dopo molto tempo. Quarantotto ore dopo, il 7 agosto, in garage, il ventenne avrebbe palpeggiato un sedicenne (oggi maggiorenne), mentre insieme stavano colorando un cartello stradale. Nel processo d’appello, l’imputato ha ottenuto lo sconto di 3 mesi sulla pena di 4 anni e 6 mesi inflitta in primo grado il 19 dicembre scorso. Quando il Tribunale aveva condannato l’imputato anche a risarcire con una provvisionale di 7 mila euro il sedicenne e con 2 mila euro a testa i suoi genitori, parti civili. Nel frattempo, il 22enne ha risarcito la 18enne, rappresentata dall’avvocato Marilena Gigliotti. Il sostituto Pg, Francesco Rombaldoni, aveva chiesto di confermare la sentenza di Cremona.
«La sentenza conferma la gravità dei fatti contestati all’imputato. Il mio assistito è ancora scosso, ma determinato a dimostrare che quanto aveva raccontato corrispondeva alla verità», ha commentato l’avvocato di parte civile Alessandro Zontini, legale del ragazzino e dei suoi genitori. Entro 90 giorni, la motivazione della sentenza.
Il primo episodio. La diciottenne e l’imputato si danno appuntamento alle 21:30 del 4 agosto davanti a un albero non lontano dalla casa di lei. Un incontro programmato. La ragazzina ha chiesto all’amico di farle i buchi nell’orecchio. Ha sentito in giro che lui il buco nei lobi lo ha già fatto ad altri. Sotto l’albero lui le dice che sì, glieli farà, ma a casa di un amico. I due si mettono a chiacchierare, il tempo scorre. Alle 23:30 l’imputato si avvicina all’amica e con la scusa di guardare un video sullo smartphone, comincia a toccarle le cosce, le mette un braccio attorno alla spalla. Lei non dice nulla, lo prende per un gesto affettuoso. È l’inizio di un incubo. Lui la palpeggia, lei si oppone. L’amico le stringe un braccio attorno al collo, con insistenza vuole un bacio. La stretta si fa sempre più forte. Lei ha male, cerca di liberarsi, di andarsene, ma lui la blocca. La fa cadere a terra, si mette a cavalcioni, lei si dimena, urla. Lui con una mano le stringe il collo, con l’altra le tappa la bocca. Lei è terrorizzata. Nel timore di non uscirne viva, acconsente a quel bacio. E sempre la paura di finire strangolata la spinge a dire sì al rapporto sessuale “non consenziente”. A casa la ragazzina racconta tutto al papà che la porta al Pronto Soccorso. Qui, tra vittima e aggressore c’è uno scambio di messaggi. «Una sorta di confessione», per l’accusa. In quei messaggi, il ragazzo prova a discolparsi: «Mi hai chiesto mille volte di volerlo fare». Lei ribatte che se quel bacio se lo è fatto dare, se quel rapporto sessuale si è consumato, è solo per «paura». Il papà l’accompagna poi dai carabinieri.
Il secondo episodio. La sera del 7 agosto, il sedicenne invita l’imputato e un amico a casa sua per colorare il cartello stradale. Sono in garage, il terzetto poi si scioglie. Il ventenne richiama l’amico sedicenne. La scusa? Posso tornare da te per terminare la decorazione del cartello stradale. In garage, il ventenne lo sfiora nelle parti intime, ripetutamente, il minore non vuole. L’imputato si sfila la cintura dei pantaloni, la passa dietro la schiena del sedicenne avvicinandolo a sé. La vittima si difende, puntandogli un coltellino. Ma non basta. Viene afferrata per i polsi, con forza. Il paese è piccolo, il sedicenne sa che cosa è accaduto due sere prima alla ragazza. Con lo smartphone filma tutto. Il video è agli atti. La mattina, l’adolescente racconta tutto ai suoi amici, i quali gli consigliano di confidarsi con la madre. Lui segue il consiglio, la madre lo accompagna dai carabinieri.
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