L'ANALISI
25 Settembre 2024 - 17:11
CREMONA - Parla di fede e di speranza, don Andrea Foglia, salutando ‘Ugge’, Stefano Uggeri, questa mattina a Sant’Abbondio. Ma è dannatamente difficile credergli per i tantissimi che hanno gremito la chiesa, per i molti che si sono accalcati in piazza o che si sono fermati nel chiostro. Di fronte alla morte - tanto più se è a morire è un uomo giovane e amatissimo - vacilla la fede e non solo in chi non crede prevalgono dolore e sgomento.
Don Andrea richiama la lettura dal Vangelo di Giovanni che è stata scelta: «Se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto. Chi ama la propria vita, la perde e chi odia la propria vita in questo mondo, la conserverà per la vita eterna. Se uno mi vuole servire, mi segua, e dove sono io, là sarà anche il mio servitore. Se uno serve me, il Padre lo onorerà», dice. E aggiunge: «Stefano aveva il dono prezioso dell’amicizia, era impossibile non essergli amico. E molti amici gli sono rimasti vicini anche nell’ultimo periodo sia a casa che all’hospice. La mamma Beba e Mario, il secondo papà di Stefano che aveva colmato il vuoto dopo la scomparsa del papà Franco, mi hanno pregato di ringraziare tutti per l’amore che hanno dimostrato».».
Ugge aveva il dono dell’amicizia, è vero. Ha attraversato i suoi 46 anni di vita - vita vera, vita piena - regalando felicità, sorrisi e abbracci fin da quando, bambino piccolissimo, gattonava nella cartolibreria di famiglia insieme alla cagnolina di nonna Franca. Con lo stesso sorriso dolcissimo e con la stessa sensibilità, Ugge ha inseguito le sue grandi passioni: la musica e la cucina, e anche quello è stato un modo per regalare gioia e felicità. Che fosse sul palco o in sala d’incisione, dietro la batteria, a dare il ritmo ai Beaucoup Fish, il gruppo di cui faceva parte e che ha scaldato l’anima rock della Cremona di inizio anni Duemila. O che fosse ai fornelli, armeggiando con mestoli e cucchiai, avendo trasformato in professione il suo grande amore.
Lettore raffinato e mai banale — il suo bisnonno era Camilo Colli Lanzi, gemma preziosa tra i poeti dialettali cremonesi e da lui Stefano aveva preso l’altezza e il fisico da ragazzone —, appassionato di cinema, anima pura che se ne è andata troppo presto. A salutarlo c’è più di una generazione, compresi tanti che negli anni Ottanta hanno scoperto un certo tipo di musica grazie al negozio Beba Dischi dei suoi genitori. Ci sono musicisti, tecnici, ristoratori, compagni di serate e chiacchiere, sorrisi e abbracci immensi. Ma è inutile, oltre che impossibile distinguere tra amici e colleghi. E quando dalla chiesa esce la bara chiara ricoperta di fiori bianchi, sulla piazza scende un silenzio doloroso e incredulo.
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