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IL PROCESSO

Le rubava i soldi e la prendeva a botte, condannato figlio violento

A 3 anni e 2 mesi di reclusione, 1 mese in più rispetto a quanto chiesto dal pm. Nel giorno della sentenza, la madre ha rimesso la querela, ma non è servito

Francesca Morandi

Email:

fmorandi@laprovinciacr.it

19 Settembre 2024 - 09:59

 I buoni pasto solamente ai magistrati

Il tribunale di Cremona

CREMONA - Ha provato in tutti i modi a salvare quel figlio violento al punto da chiudersi a chiave in camera da letto e cenare lì per tre anni. Quel figlio, oggi 43enne, tossicodipendente che le rubava i soldi e la prendeva a botte. Una volta le ha tirato una sberla così forte da mandarla a sbattere con la nuca contro il muro. Altre la insultava: Mi fai schifo, sei una madre di m… la peggiore delle mamme, non sei come la mamme dei miei amici». E minacciava di morte: «Ti ammazzo, ti uccido».

Dopo la lunga denuncia presentata alla polizia il 20 dicembre scorso, davanti al giudice la madre aveva tentato di ammorbidire i fatti riassunti nei due capi di imputazione: anni di maltrattamenti e lesioni aggravate. Ha provato sino all’ultimo a tirare fuori dai guai e dalla galera suo figlio. Ieri, giorno della sentenza, ha rimesso la querela. Ma il reato è procedibile d’ufficio. Non è servito. Quel figlio che si è detto «dispiaciuto per la spinta data alla mamma», è stato condannato a 3 anni e 2 mesi di reclusione, 1 mese in più rispetto a quanto chiesto dal pm. Che ha parlato di «maltrattamenti durati per un lungo periodo», della madre che «per lungo tempo si era chiusa in camera da letto», del figlio «che la insultava, facendo paragoni con le mamme dei suoi amici», della madre «minacciata di morte». E finita al pronto soccorso con un trauma cranico facciale. C’era finita anche dieci anni prima. Il figlio l’aveva colpita in testa con un posacenere. Ma quella volta, in ospedale lei non se l’era sentita di dire la verità. Temeva una reazione violenta del figlio. Giustificò la ferita, poi suturata, con una caduta in bagno.

Tutti fatti «confermati dalla madre, seppure con una certa reticenza», ha sottolineato il pm. A forza di negare e addomesticare, al processo la mamma ha quasi rischiato la falsa testimonianza. Il giudice l’aveva messa sull’avviso tre volte. «Signora, è uno strazio per lei ed è uno strazio per noi. Uno può avere tutta la comprensione del mondo, ma non ci si può far prendere in giro».

Processo «difficile» per il difensore, che ha tracciato «un quadro triste» della vicenda. Triste, perché «c’è una madre sicuramente esasperata. Aveva in casa un figlio quarantenne che non lavorava, non si dava da fare. Lei doveva mantenerlo, in più era tossicodipendente». Una madre «esasperata e disperata». Arrivata a un certo punto, ha colto un suggerimento della vicina di casa amica e ha denunciato il figlio «per dare un taglio». «In un quadro così, cosa può fare la mamma? E’ una tristezza che la signora si porta dentro».

Il difensore ha poi aggiunto: «Dal punto di vista tecnico, qualche dubbio mi viene, perché gli episodi non sono così gravi, intensi e frequenti». Ha chiesto di assolvere il figlio. Oppure, in caso di condanna, di «contenere nel minimo la pena, considerando il quadro sociale, perché anche la mamma qualche fragilità l’ha manifestata».

Ultima richiesta, in caso di condanna, di «convertire la pena nei lavori socialmente utili, anche se mi rendo conto che non sarà facile individuare i lavori, perché il mio assistito è malato». L’ultima immagine: la madre ha salutato il figlio riportato in carcere.

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