Cerca

Eventi

Tutti gli appuntamenti

Eventi

LE STORIE DI GIGIO

Gigi, il ct dei detenuti: «Così faccio del bene»

Il 76enne Bertoletti, ex litografo e calciatore, da 21 anni è il mister a Ca’ del Ferro

Gilberto Bazoli

Email:

redazione@laprovinciacr.it

02 Settembre 2024 - 05:20

Gigi, il ct dei detenuti: «Così faccio del bene»

CREMONA - Il suo predecessore ha resistito per pochi giorni. Lui, dopo una vita, è ancora al suo posto, con la stessa passione degli inizi. «È il mio modo di fare del bene», si schermisce Pierluigi Bertoletti, per tutti Gigi, 76 anni: da 21 è il mister dei detenuti di Ca’ del Ferro. Li allena e allo stesso tempo dirige le loro partite. Li aiuta a crescere come atleti e anche come uomini. Bertoletti faceva il litografo e il calcio è sempre stato il suo secondo mestiere. Un po’ tutti nel settore lo conoscono. «Militavo in Prima Categoria nel ruolo di attaccante. Ho smesso, a parte i tornei notturni e qualche partita, a 23 anni quando mi sono sposato».

Il 76enne Pierluigi Bertoletti, per tutti Gigi, ex litografo e calciatore, da 21 anni è il mister dei detenuti di Ca’ del Ferro

Appese le scarpe con i tacchetti al chiodo, ha cominciato a insegnare alle squadre giovanili di mezza provincia. Nella scorsa stagione ha fatto tappa a Castelverde. Non poteva immaginare che tra una società e l’altra si sarebbe imbattuto nel carcere. «Era il 2003: un amico mi ha chiesto di sostituirlo come ct nella casa circondariale. Ci ho pensato qualche giorno, ero dubbioso, confesso che avevo una certa paura». Ma alla fine ha accettato. «La prima mezz’ora dietro le sbarre la ricordo nitidamente. Un gruppetto di detenuti mi ha circondato: chi è lei, cosa viene a fare qui? Sentivo che riferivano le risposte all’interno delle celle. Adesso, con i nuovi, non ho nemmeno bisogno di presentarmi perché so che gli altri hanno già raccontato tutto di me».


Per quattro mesi, d’estate il mattino e il pomeriggio in inverno, si presenta all’ingresso di Ca’ del Ferro mostrando il tesserino di volontario dell’Uisp (Unione italiana sport per tutti). «È il mio lasciapassare. Non entro nei raggi, li vedo da fuori e resto in attesa sul campo». Ce n’era un solo sintetico per il calcetto a 5, ora è stato affiancato da un altro in terra battuta per quello a 7. Bertoletti ha molti compiti: allena i carcerati, arbitra gli incontri tra le formazioni delle sezioni interne, sceglie i componenti della ‘nazionale’ per le sfide con le rappresentative esterne. Quelle del mondo fuori: il Comune, le scuole, le canottieri. In genere si gioca a Ca’ del Ferro. Non sempre, però. «Com’è successo al Cral di via Postumia. C’erano 7 detenuti e una trentina di agenti di custodia ad accompagnarli. Ha vinto il Cral».


Terminata la seduta di allenamento, il volontario del pallone si avvia verso l’uscita. «È successo che il secondino mi abbia domandato: da quale cella arriva lei? ‘Sono il mister’, ho risposto». E la sbarra si è alzata. Racconta divertito un episodio accaduto ai tempi del Calcioscommesse. «Mi sono ritrovato davanti Marco Paoloni (l’ex portiere della Cremonese coinvolto nell’inchiesta, ndr). Ci conoscevamo perché allora lavoravo per la Cremo. Mi dice lui: ‘Cosa ci fai qua dentro’? Io: ‘No, cosa ci fai tu? Io da qui esco’. L’ho poi arruolato nella squadra dei detenuti, non però tra i pali».


Ha avuto a che fare con giovani e meno giovani che forse, se avessero rispettato la legge, avrebbero potuto sfondare. «C’era un centravanti che aveva militato in serie C, e si vedeva. Poi un marocchino che faceva numeri alla Messi e un paio di albanesi che provenivano dalla Seconda Divisione del loro Paese d’origine. Il livello è complessivamente buono, non a caso non abbiamo quasi mai perso». Quello del carcere è un universo difficile, spesso senza regole. Quelle regole che Bertoletti, nella doppia veste di ct e giacchetta nera, ha cercato di far osservare. «Non ne avevano, facevano tutto come volevano. Penso di averli migliorati limitando l’irruenza degli interventi. I primi tempi molti finivano in infermeria. In linea di massima adesso sono diventati corretti, ma può sempre capitare l’eccezione. Come quel bulgaro che giocava in porta: mi ha riempito di parolacce, non le capivo alla lettera ma non era difficile intuirne il senso. Il giorno dopo i suoi compagni lo hanno mandato da me per scusarsi. È capitato lo stesso con un altro che avevo espulso. Quando qualcuno brontola, non indietreggio: se vi va bene, è così; altrimenti, smettiamo».

La maggior parte sono stranieri. «Qualche problema c’è con il Ramadan: i musulmani non bevono, sono deboli e rendono di meno». Un commissario tecnico esperto, un ‘fischietto’ paziente e all’occorrenza severo, un uomo ironico che sembra un duro ma è un generoso. «Ho conosciuto tanti che hanno fatto la spola tra dentro e fuori. Se non sono loro i primi a rompere il ghiaccio, a parlare, non chiedo niente. Ho cercato di dare una mano a uno tornato in libertà a trovare una squadra, ma senza avere la residenza e un lavoro è difficile». In altre occasioni ci è riuscito. «Qualcuno è venuto nella Sospirese dov’ero allora». Con i reclusi, come pure con gli agenti di custodia, si è instaurato un buon rapporto.

«C’era un personaggio che aveva girato non so quanti penitenziari per poi uscire per l’indulto. È diventato mio amico, si confidava con me. Andavo d’accordo anche con un altro che aveva trascorso 23 anni dietro le sbarre. Ce ne sono alcuni che erano in prigione quando ho iniziato io e me li ritrovo ancora qui». Tra un tiro, un passaggio e un piegamento si scherza. «Una volta mi hanno detto: metta un cartello fuori casa, così non veniamo a rubarle». Nel 2022 il Coni, durante una cerimonia in Comune, lo ha premiato per il suo impegno encomiabile che alza un ponte tra sport e solidarietà. «È stata una bella soddisfazione». Ma c'è un altro momento indimenticabile. «Pochi anni fa un immigrato, a nome dei suoi compagni, mi ha regalato un borsone. L’ho aperto: all’interno la maglia della squadra del carcere di Opera e una saponetta. ‘Mi spiace, ma non abbiamo altro’, mi ha detto quel ragazzo». Il mister si è commosso.

Commenta scrivi/Scopri i commenti

Condividi le tue opinioni su La Provincia

Caratteri rimanenti: 400