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CREMONA. IL LUTTO

Addio al medico Attilio Calza, una vita dedicata alla cura delle persone

I suoi oltre 60 anni di professione, uniti alla sua grande intelligenza, ne hanno fatto un punto di riferimento assoluto per la sanità cremonese

Felice Staboli

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fstaboli@laprovinciacr.it

25 Agosto 2024 - 17:48

Addio al medico Attilio Calza, una vita dedicata a curare le persone

Il dottor Attilio Calza

CREMONA - Lutto nel mondo della sanità cremonese. È morto il dottor Attilio Calza, il cui nome è legato — e lo sarà per sempre — al campo della geriatria e alla cura della demenza senile. I suoi oltre 60 anni di professione, uniti alla sua grande intelligenza, ne hanno fatto un punto di riferimento assoluto in campo sanitario. Per 40 anni medico in ospedale, altri dieci alla clinica delle Figlie di San Camillo e altrettanti, anzi di più, di libera professione, che di fatto non aveva mai interrotto: il dottor Calza, classe 1934, è il medico che ha aperto molte strade in campo clinico e scientifico.

Geriatra di livello internazionale, dotato di profondo spirito di osservazione e uomo dal profilo culturale raffinato, Calza si è occupato anche di un settore molto specifico, la demenza senile, appunto, attraverso lo studio, la ricerca e, naturalmente, l’esperienza sul campo. Profondo conoscitore del suo mondo, era molto attento anche a ciò che caratterizzava la società, cremonese e non solo.

Padre di tre figli, nel 1987 aveva perso la moglie, Fausta Grassi (presidente Ocrim) in un incidente. Si era risposato con la professoressa Tiziana Bianchi. Calza non si era risparmiato neppure durante gli anni del Covid, quando adottava tutte le precauzioni e al tempo stesso le suggeriva e quando, appena possibile, interveniva dispensando saggezza scientifica.

«Gli anziani non temono il vaccino — aveva detto in una intervista a La Provincia — secondo la mia esperienza diretta. E poi faccio parte della categoria, ne parlo a ragion veduta. L’umanità ha pagato un prezzo molto alto in termini di vittime, un po’ di mal di braccia cosa volete mai che sia?».

E poi aveva sempre parole importanti anche per un’altra categoria che considerava fondamentale, quella degli infermieri. «È una professione nobile, — diceva - che in Italia ha 100 anni di storia, architrave fondamentale della sanità. Solo migliorando l’organizzazione si può migliorare, costi quel che costi, se il fine è salvare la vita delle persone. Il 21 febbraio 2020 ho incontrato il dottor Pan, mi aveva messo in allarme. Quello stesso giorno ho visitato quattro persone, due sono decedute, una sola aveva sintomi tipici. Poi, ho vissuto da recluso. Ho perso tante persone care, tra parenti e amici. La pandemia ha influenzato molto le nostre decisioni. Penso ai malati cardiologici o oncologici che in certe situazioni hanno trovato difficoltà inattese. Voglio anche dire che io mi sono trovato bene. Da medico ho seguito diversi casi di persone che hanno avuto bisogno di cure ospedaliere, posso dire solo parole positive».

Una parte importante della carriera di Calza è stata dedicata alla demenza. La sfera neuropsichiatrica — spiegava — risente in modo drastico dell’assenza di normali abitudini, che possono essere causate da periodi complicati come questo. «Ci si chiede se la demenza senile sia ancora un tabù. Credo di no, molta gente si informa e molto dovrebbero fare anche i giornalisti in tal senso. Il problema è l’isolamento sociale e il timore: ad un certo punto la demenza diventa insostenibile. Ma c’è qualcosa di più. Il professor Alzheimer ha scoperto la malattia curando un paziente di 52 anni. Non si può parlare solo di demenza senile, ma di pre senile. Più l’età si abbassa, più i casi sono drammatici: il malato è ancora nella piena attività. Quanto alle cure, molta strada è stata fatta, molta di più quella che resta da fare».

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