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LE STORIE DI GIGIO

Da 40 anni al bancone, Fabio barista delle star

Tanti incontri al Bar ai Portici, da Craxi a Lou Reed. «Era il mio sogno da bambino»

Gilberto Bazoli

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redazione@laprovinciacr.it

22 Luglio 2024 - 05:25

Da 40 anni al bancone, Fabio barista delle star

CREMONA - Aveva le idee chiare sin da bambino. «A Carnevale i miei amichetti si mascheravano da Zorro o Superman, invece io mi vestivo da cameriere: camicia bianca e papillon nero. È stato il mio chiodo fisso da sempre». Fabio Castellani, 55 anni, ha coronato quel sogno infantile e lo ha fatto nel luogo della città che più centrale non si può: il Bar ai Portici, tra Comune, Duomo e Battistero. Un punto di osservazione privilegiato circondato da bellezza, arte e storia. «A quei tavolini e dietro quel bancone ho lavorato per 40 anni ininterrottamente». Ha cominciato il 2 aprile del 1984, il giorno del suo quindicesimo compleanno.

«I titolari di allora cercavano qualcuno. Mi hanno messo alla prova e sono ancora qui». Quegli inizi non li dimenticherà mai. «Ero terrorizzato al pensiero che mi fosse stato dato in mano un pezzo di città così importante. Ma ho imparato in fretta e capito che era davvero quello che volevo». Figlio di Giovanni, operaio, ed Esterina, casalinga, ha un fratello maggiore di quattro anni, Graziano, che ha scelto la sua stessa strada. «Con lui non c’è rivalità, non parliamo del nostro mestiere». Fabio ha servito caffè a generazioni di cremonesi. Dal baule dei suoi ricordi estrae incontri, volti, emozioni.

«Un giorno entrò la scorta avvisando che stava arrivando Craxi, poi al bancone si avvicinò lui, Bettino. Avrò avuto 16 anni: immaginarsi la paura. Ma per fortuna andò tutto bene». Un altro episodio speciale è stata la visita di Giovanni Paolo II, nell’agosto del 1992. «Mi ero sposato da poco. La piazza era stracolma, tutta blindata, e io per vedere il Papa mi misi su una cassetta di acqua minerale». Fu una buona idea. «Riuscii a scorgerlo, anche se solo per un attimo». Un’altra pagina particolare del suo album è dedicata a Mina. Sembra quasi un’apparizione magica. «Si era già trasferita a Lugano, ma di tanto in tanto tornava a Cremona. Più di una volta l’ho osservata camminare per la piazza deserta a mezzanotte o anche dopo. No, non è mai entrata qui». Impossibile dimenticarsi di un altro grande come Anthony Quinn.

«Aprile 1987, lui era Stradivari nel film sul capostipite dei liutai. Aveva la sua seggiolina all’ombra, guai a toccargliela. Chiedeva sempre caffè o acqua tonica. Un signore». Altri faccia a faccia con nomi famosi. «Big della politica come Fausto Bertinotti e della musica, da Lou Reed a Patti Smith. Tutti gentili, educati. Era così anche Vialli, prima che esplodesse: per lui mai o quasi un caffè, ma invariabilmente una bibita. Era di casa». Come lo sono stati i sindaci, «tutti quanti, da Zaffanella in poi». Il barman, come si fa con un amico, ne raccoglieva le confidenze e i segreti. Impossibile poi strappargli qualche indiscrezione. Avviato verso il Comune, ecco il penultimo di loro, Gianluca Galimberti: «È importante lo spirito con cui Fabio fa il suo mestiere: cortesia e professionalità». Primi cittadini, assessori e anche prelati.

«Come il leggendario don Mario Cavalleri, una specie di confessore». Castellani è entrato per due volte nella classifica prestigiosa del Gambero Rosso che gli ha assegnato quattro chicchi di caffè, il voto più alto. «Quei ‘giudici’ sono venuti in incognito e hanno chiesto la colazione. ‘Complimenti’ mi hanno detto dopo aver svelato la loro identità. Una bella soddisfazione». Non è stata l'unica. «Alle Olimpiadi dei barman, il concorso lanciato dal giornale La Provincia, mi sono piazzato una volta al secondo posto, con 544 coupon, e un’altra al quarto».


Domenica inclusa, lavora tutti i giorni, tranne il martedì, dalle 5 alle 15. «Mi sveglio alle 4. Arrivo mentre la città dorme. Apro il portone del locale; pulisco il pavimento; allineo i tavolini sistemando tovaglie, posacenere, tovaglioli; aspetto il lattaio e la consegna dei dolci. Poi comincia un’altra attesa, quella dei primi clienti, alle 5.30. Sono sempre i soliti, un gruppetto di 3-4 persone, i guerrieri non della notte ma del mattino. Sino alle 8 sono da solo. La mia passione è preparare le colazioni. Com’era suggestiva la piazza avvolta dalla nebbia tanto da nascondere il Torrazzo. Ora, invece, lo si vede sempre».


Ha avuto il privilegio di guardare la città dal suo cuore. «Sono aumentati i turisti, ma non più di tanto. Sono invece radicalmente cambiate le abitudini delle persone. La varietà di consumazioni si è moltiplicata: un tempo c’era il caffè, normale o decaffeinato; poi è cominciato quello all’orzo, con il latte di soia, il latte di qua e di là». È un po’ il simbolo di queste mura storiche, l’unico ad aver prestato servizio per le ultime quattro gestioni. «Mi sono trovato bene con tutte, in particolare con quella attuale. Lo stesso vale per i colleghi, di ieri e di oggi». Adesso sono una quindicina, i fissi più gli stagionali. È uno dei barman più esperti, eppure dice «che non si è mai finito di imparare. Le doti necessarie per fare questa professione? Passione e pazienza. Solo così si riesce ad accontentare i clienti, che dev’essere il nostro obiettivo».


Le 15.30, per l’ex bambino che a Carnevale si mascherava da cameriere è arrivata l’ora di tornare a casa, dove lo aspetta la moglie Barbara (ci sono anche la figlia Elisa e Birba, il loro cagnolino), per il riposo pomeridiano. In attesa della nuova alba, una precisazione: «Tutti lo chiamano Bar del Comune, ma non è così: è il Bar ai Portici». Un nome o l’altro, è il bar di Fabio.

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