L'ANALISI
18 Luglio 2024 - 17:56
CREMA - Libanese di nascita, 64 anni, laurea all’università di Genova, medico dal 1997, specializzato in medicina del lavoro dal 2001, nei suoi 27 anni di carriera, mai una macchia né peccato. «Nel corso della sua vita, il dottore non era mai entrato in contatto con un avvocato, tanto più penalista». Di penalisti ne ha cambiati quattro da quando, a marzo scorso, è stato ristretto ai domiciliari nella sua casa di Bergamo con l’accusa di aver molestato (violenza sessuale) 5 dipendenti di una cooperativa di pulizie durante le visite in un ambulatorio a Crema per ottenere l’idoneità al lavoro. L’accusa contesta al camice bianco di aver appoggiato i genitali alle mani delle pazienti durante la misurazione delle pressione, di palpeggiamenti al fondo schiena, alle cosce in un caso al seno.
Nel processo con rito abbreviato pendente davanti al gup di Cremona e nel quale le lavoratrici si sono costituite parte civile con gli avvocati Simona Bracchi, Luisa Maria Sangiovanni e Angela Ceriani, il 5 luglio scorso il medico si era difeso per oltre un’ora e mezza, respingendo il marchio di «mostro».
Oggi era il giorno della requisitoria, delle arringhe e della sentenza. Ma, colpo di scena, si sono presentati due nuovi difensori, gli avvocati napoletani Sergio Stravino ed Emiliano Rossi. Il mandato lo hanno avuto solo mercoledì sera. Da qui, la richiesta di un termine a difesa, concesso dal giudice: rinvio al prossimo 11 ottobre.
«Il nostro assistito effettuava, mediamente, 50 visite al giorno, totalizzando migliaia di visite ogni anno. Nel corso degli anni non è stato oggetto mai neanche di una semplice lamentela. Ci impegneremo per dimostrare la totale estraneità del nostro assistito agli odiosi reati contestati», hanno evidenziato i legali. Due settimane fa, il medico del lavoro ha spiegato al gup come si era comportato nel «piccolo ambulatorio» dove le visite non andavano oltre i dieci minuti «programmati dalla società di servizio, dieci minuti non di più, perché se sfori non ce la fai più a finire». Ha fatto mettere a verbale che lui le cinque lavoratrici non le aveva mai viste prima. Che lui è «un medico, non palpeggio, visito». Ha spiegato come funziona la visita. Prima l’anamnesi, poi la visita vera e propria, partendo dalla misurazione della pressione. Ha negato di aver spinto il bacino in avanti così che la sua zona genitale venisse a contatto con la mano della paziente.
«In quel momento io sono in medico, sto facendo una visita medica, sto misurando la pressione. Sono concentrato. Siamo a distanza ravvicinata, sicuramente non puoi stare lontano un metro, come fai a gestire la misurazione? Devi essere vicino. Io non ho assolutamente mai avuto la percezione del contatto. Sono concentrato a fare un’altra cosa». Il medico ha raccontato che due lavoratrici gli avevano detto di avere entrambe protusioni lombari, un’altra disturbi al ginocchio, un’altra ancora all’anca. «Se trovi uno che dice: ‘Ho questo, sono affetto da patologie muscoloscheletriche... allora sono tutte patologie o affezioni, chiamiamole così, che possono soltanto peggiorare facendo questo lavoro», ha precisato il medico. Il quale ha spiegato la manovra di Wasserman.
Le sue ultime dichiarazioni rilasciate a verbale: «Io sono anni che faccio questo lavoro. Il contesto aziendale è importante. Il concetto della salute e della sicurezza, quanto i lavoratori sono informati su questo, quanto il datore di lavoro è interessato. C’è gente che aspetta il medico del lavoro da un anno all’altro, perché non vanno dal loro medico di base, perché sono tutti impegnati. Aspettano il medico del lavoro». Il medico si è poi detto «colpito» dalle dichiarazioni rilasciate dalle lavoratrici: ‘Ma queste visite così approfondite non le abbiamo mai fatte’. «Sì - ha spiegato lui —, però avevano un medico che li seguiva da tanti anni, quindi faceva le visite periodiche e lui conosceva la loro situazione. Però per loro abbiamo fatto un po’ di più in questa visita e quindo il di più è stato interpretato sessualmente. Quello che ho fatto io non è neanche di più, è proprio le linee guida della Società Italiana di Medicina del Lavoro che mi dice: ‘Fai questo e questo’».
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