L'ANALISI
14 Luglio 2024 - 05:05
In quel tempo, Gesù chiamò a sé i Dodici e prese a mandarli a due a due e dava loro potere sugli spiriti impuri. E ordinò loro di non prendere per il viaggio nient’altro che un bastone: né pane, né sacca, né denaro nella cintura; ma di calzare sandali e di non portare due tuniche.
E diceva loro: «Dovunque entriate in una casa, rimanetevi finché non sarete partiti di lì. Se in qualche luogo non vi accogliessero e non vi ascoltassero, andatevene e scuotete la polvere sotto i vostri piedi come testimonianza per loro».
Ed essi, partiti, proclamarono che la gente si convertisse, scacciavano molti demòni, ungevano con olio molti infermi e li guarivano.
Mc 6,7-13
Constatare tutti i giorni quanto devastante sia il potere umano sui simili, la storia, la natura è cosa semplicissima. Basta sfogliare un giornale o fermarsi qualche minuto alla tv. Lo strapotere del male sembra il motore della storia; nonostante tutti desideriamo che quest’ultima sia mossa al contrario dall’intelligenza, dalla libertà e dalla presa in carico del mondo.
La teologia cristiana nei secoli ha sviluppato il concetto di peccato originale, spesso confuso con una colpa soggettiva di cui sarebbero responsabili infallibilmente anche i neonati, esposti al rischio di scivolare all’inferno per qualche calcolo cieco. Quel concetto rivela al contrario una grande verità: tutti si nasce in un contesto sociale, storico e culturale che, lo si voglia o no, ha a che fare con la battaglia tra bene e male, con la comparsa della libertà (che è sempre cosa delicata, misteriosa e complessa), ma soprattutto con un tessuto di fatto già sgualcito dall’indomito istinto di sopravvivenza che a volte logora anche le intimità familiari.
I primi capitoli della Genesi, composti attraverso uno specifico genere letterario che non è possibile confondere con tesi di astrofisica o biologia, presentano l’affastellarsi del male che contamina, come una grossa pietra buttata in uno stagno, tutti i livelli dell’esistenza: la libertà dell’uomo, la relazione anche affettiva tra Adamo ed Eva, la fraternità che viene lesa dall’omicidio, la natura travolta dal diluvio e la rovina della torre, costruita per annullare le differenze e pretendere l’impossibile.
È un libretto avvincente e splendidamente narrativo quello che apre la Bibbia e che mette a tema la domanda: perché c’è il male? Perché la storia ne è così intrisa? I racconti di Genesi, ma non sono l’unico tentativo di spiegazione entro il testo biblico, affrescano una cascata di scelte dalle conseguenze negative: violazioni di limiti, gelosie, sfruttamenti, vergogne… come se i sentimenti base dell’umano fossero messi alla prova da una storia mitica che riassume quanto avviene nella storia vera.
Nel Vangelo che oggi le comunità cristiane ascoltano e mettono al centro del loro rendimento di grazie, la musica è proprio un’altra. Parte un’altra storia, partono discepoli con un compito, si punta alla guarigione, si è inviati a risolvere, sciogliere, sollevare e non certo a dissolvere e distruggere.
Marco assegna questo invio all’irruzione del regno che è la persona stessa di Gesù: con lui tutto cambia. I gesti non sono più divisivi; le parole non sono più offensive; le scelte non sono più facilmente escludenti. Anche in questo caso il linguaggio letterario rimanda a gesti eroici, apocalittici, risolutivi, perché sia rimarcato che qualcosa di veramente nuovo è stato varato. Come sempre, sfuggono i contorni di quanto sarà accaduto davvero (quali patologie guarite? Quali solitudini ricondotte alla dignità?). Quel che conta è il senso dell’invio, lo scopo di una missione: sanare. E sanare non solo con le belle e delicate parole del conforto, ma con gesti a tutto tondo, capaci di intercettare i bisogni veri dell’umano.
A ben guardare il Vangelo è proprio questa pretesa: non tanto che si faccia posto ad un Dio esiliato e bramoso di compagnia, quanto piuttosto che la sua vita, la sua benedizione, la pienezza dell’esistenza siano partecipate a tutti e che nessuno ne resti escluso. Il Vangelo è, alla fine dei conti, un grande abbraccio e una continua lotta contro ciò che distrugge la dignità dei figli di Dio.
Per questa ragione le azioni del piccolo gruppo apostolico (predicare la conversione, guarire e soprattutto scacciare il demoniaco che divide e abbruttisce) sono un nuovo inizio e vengono assegnate sotto la condizione della gratuità: i discepoli non possono pretendere di invadere le case altrui né di accamparsi laddove non sono graditi; è la libertà a dover essere la loro guida, ovvero quel principio che gli «spiriti impuri», i «demoni» osteggiano, detestano e manipolano.
Chiunque anche oggi entri nel giro evangelico, dovrebbe lasciarsi coinvolgere proprio dall’incessante e continuo partire dei discepoli, ora come allora, perché c’è un mondo da risanare e da rigenerare. Quali saranno i volti raffinati e prepotenti che oggi, a casa nostra, gli «spiriti impuri» assumono? Dove si nasconde, forse nemmeno tanto, lo sfruttamento che degrada? È limitato al caporalato di alcune campagne? Si manifesta solo in efferati femminicidi? Forse no… e forse un viaggio all’insegna dei demoni da scacciare e delle guarigioni da ripristinare nei fratelli è un appello anche per noi.
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