L'ANALISI
07 Luglio 2024 - 05:05
VAILATE - «Sono stata senza dipingere per anni, poi ho capito che dovevo ricominciare, che mi fa bene: è la mia passione da sempre ed è stato a lungo il mio lavoro. Quando ho visto questa parete grigia, che rendeva l’ambiente triste, mi sono detta, perché non dare un po’ di colore?». Un’iniziativa nata quasi per caso, un giorno, passando a salutare un’amica volontaria del centro ricreativo Cervi-Fontana per bere un caffè insieme.
Poi Rossana Mucchetti, nata e vissuta in paese, ci ha preso gusto e da febbraio a oggi ha dipinto, come volontaria e senza alcun compenso, tutte le pareti interne del luogo di ritrovo, servizi igienici compresi. Con il benestare dei volontari ha trasformato i muri in un immenso giardino. Un’esplosione colorata di fiori e zampilli d’acqua, un paesaggio agricolo che rimanda anche alla devozione: non mancano il santuario di Caravaggio e i riferimenti la fonte miracolosa. Il tutto con l’aggiunta di un’architettura d’archi che fornisce una visione prospettica.
«E’ un trompe l’oeil – racconta l’artista – un omaggio alla nostra terra, alle nostre tradizioni, ma anche a mia madre, a cui gli iris piacevamo molto. Scegliere le fioriture per me ha anche un significato di rinascita, quello che mi è successo da quando ho ripreso a dipingere».
A quasi 60anni, Rossana ha riscoperto il suo talento, coltivato anche grazie a una famiglia allargata di artisti. Una storia che parte da lontano, dai trisavoli burattinai, poi i bisnonni che giravano il nord Italia con la loro compagnia teatrale: «Facevano tutto loro: scenografie, costumi, e la bisnonna era capo comico» ricorda Mucchetti. Quando il cinema prese piede, furono i nonni ad acquistare un proiettore e a continuare la tradizione itinerante di famiglia, solo che invece degli spettacoli proiettavano pellicole in quella che era una vera e propria sala ambulante.
«Sino a quando, nell’immediato secondo dopoguerra, acquistarono l’edificio in paese dove tutt’ora vivo, e ne fecero il primo cinema di Vailate. Sin da bambina ho vissuto tra colori e pennelli, e così ho fatto con le mie due figlie, che ormai sono adulte e hanno scelto percorsi universitari legati proprio all’arte e alla creatività. Per anni ho realizzato quadri che vendevo ai commercianti. Poi mi sono fermata a lungo, alcune volte ci ho riprovato, ma non riuscivo a dipingere. Finalmente l’anno scorso mi sono sbloccata. Il trompe l’oeil l’ho imparato da mio padre, ricordo quando salivo in Svizzera per aiutarlo a finire dei lavori. Pensavo di aiutare i volontari a rendere l’ambiente più accogliente, non mi aspettavo certo che la mia opera avesse una eco simile: adesso ogni parete che mi ritrovo a fissare me la immagino già piena di colori e di fiori. Chissà che per me non rappresenti un nuovo inizio, una riscoperta».
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