L'ANALISI
29 Giugno 2024 - 05:25
Ancorotti, Capelletti, Zagni, Ventura, Foggetti
CREMONA - Dopo le bordate, il silenzio. la direttiva partita dall’alto è: «I panni sporchi si lavano in famiglia». La prima a chiedere che «ora si apra un percorso di riflessione nel centrodestra e in particolare in Fratelli d’Italia» è stata Chiara Capelletti, neo consigliera comunale eletta per il partito di Giorgia Meloni con 267 voti di preferenza. Ma per ora tutto tace, e il silenzio è assordante. Fratelli coltelli, verrebbe da dire, visto che nel partito cremonese di Giorgia Meloni ci si prepara a una resa dei conti che non lascerà indenni gli interessati. Le parole, taglientissime, sono quelle del senatore di Fdi, Renato Ancorotti, che, facendo riferimento, da buon imprenditore, al mondo del business, aveva detto: «La leadership è una dota innata, non un privilegio di vendita. Spetta all’amministratore delegato rispondere in prima persona degli insuccessi dell’impresa».
La metafora imprenditoriale si cala nella sfera politica come una spada di Damocle che pende su una persona, in particolare: Marcello Ventura, presidente provinciale di Fratelli d’Italia. Il divorzio era noto ormai da qualche mese: nello specifico, da quando, a febbraio, Ancorotti aveva dato il proprio endorsement alla candidatura a sindaco di Alessandro Portesani, con qualche pesante ‘ma’. Rilevando, cioè, che il primo partito del centrodestra, pur forte dei suoi consensi, non era riuscito a generare un candidato politico. Un dato significativo, che aveva messo da subito in dubbio il modus operandi della classe dirigente di Fdi, accusata di essersi mossa troppo tardi per trovare un candidato.
Eppure, nelle pur dure parole di Ancorotti, la sconfitta non è responsabilità del candidato, che anzi viene assolto e lodato dal senatore: «La sua campagna è stata esemplare». Il bersaglio, infatti, non è il candidato, ma chi l’ha scelto, secondo Ancorotti, escludendo figure politiche spendibili interne al partito per meri conflitti intestini. Leggi alla voce Capelletti, ritenuta, prima di febbraio, tra i papabilissimi di Fdi per sfidare Virgilio alle comunali. Ora Capelletti chiede l’apertura di un confronto interno.
Allo stesso modo, Alessandro Zagni, altro papabile avversario di Virgilio fino a qualche mese fa e grande assente di questa campagna elettorale, si è chiesto perché non si sia optato per un candidato politico, data la forte onda di consensi per il centrodestra alle europee, che avrebbero dovuto trascinare la coalizione anche a livello locale. Ancorotti usa termini inequivocabili: «Individualismi ostinati», «aria irrespirabile». La partita più scottante era quella del capoluogo, dove, nello stesso giorno delle europee, Fratelli d’Italia ha perso duemila voti, pari all’otto per cento dei consensi, anche se pesano, in parte, altre sconfitte, da Casalmaggiore, dove Fdi è rimasta senza consiglieri, a Castelverde, dove si correva separati dal resto del centrodestra, con il candidato Mauro Cenicola, braccio destro di Ventura. Ancorotti ha parlato anche di «una regia occulta. Le scelte chiave di questa campagna elettorale sono state ispirate da qualcuno che opera al di là del perimetro del partito».
E fioccano le ricostruzioni. In Fdi, dopo le parole del senatore, cadute come una bomba atomica sulla dirigenza locale, nessuna prende parola. Non si aggiungono commenti e si sente un certo disagio. Qualcuno manifesta una certa amarezza per l’affondo di Ancorotti, fin troppo esplicito. Ventura, dal canto suo, interpellato, ha preferito non rilasciare dichiarazioni, ma il malumore è evidente. Ma le bordate di Ancorotti sembrano indirizzate anche al segretario cittadino Stefano Foggetti. Interpellato, anche lui non risponde perché aspetta di confrontarsi internamente per valutare le ragioni della sconfitta.
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