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CREMONA

Pestaggio e rapina sulla Castelleonese, assolto l'imputato

Il fatto è avvenuto nell'agosto 2019. La vittima ha fatto i nomi di Arban (nel frattempo deceduto) e Besnik, che è stato sollevato dall'accusa perché «il fatto non sussiste e la parte lesa non si è mai presentata a processo»

Francesca Morandi

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fmorandi@laprovinciacr.it

25 Giugno 2024 - 19:00

Picchiato e rapinato sulla Castelleonese, assolto l'imputato

CREMONA - Sabato 24 agosto del 2019, mezzanotte circa. Un uomo cammina sulla Castelleonese. Qualcuno l’ha conciato male. All’altezza del CremonaPo incrocia la pattuglia della Stradale. «Mi hanno preso a bastonate, a calci e pugni. Mi hanno portato via soldi, documenti, l’orologio e la catenina. Mi hanno rapinato per gelosia. Uno dei due credeva che avessi dato io il numero di sua moglie ad un altro». Alla Squadra Mobile, in sede di denuncia, l’uomo fa i nomi di Arban e Besnik, due fratelli albanesi come lui. Li conosce, perché per loro ha lavorato 20 giorni come muratore. Ma quando parte il processo, dove si forma la prova, la vittima per tre volte non si presenta, nemmeno con l’accompagnamento coattivo. Nel frattempo uno degli imputati (Arben) è deceduto. Da qui, l’assoluzione arrivata oggi per Besnik dall’accusa di rapina «perché il fatto non sussiste» e da quella di lesioni «per non aver commesso il fatto».

L’imputato era difeso dagli avvocati Fabio Farina e Massimiliano Capra. Lo stesso pm Francesco Messina aveva chiesto l’assoluzione. L’unica certezza, è un referto medico del Pronto soccorso. Nella denuncia, l’aggredito raccontò dell’appuntamento che i due gli avevano dato in piazza Lodi, la sera del 24. «Ci eravamo accordati qualche giorno prima. ‘Trascorriamo una serata insieme’». Alle 22, l’albanese salì sulla Mercedes bianca, classe C. «Imboccavamo la Castelleonese con direzione Crema, ma senza una meta precisa. Ho chiesto dove stavamo andando. ‘A fare un giro e poi torniamo’». Nei pressi di Grumello Cremonese, l’auto svoltò in una stradina sterrata verso un campo di mais. Si fermarono. I fratelli scesero.

«Mi dissero che dovevano fare la pipì. Mi sono appoggiato all’auto, ho fumato una sigaretta». I fratelli tornarono. «Besnik improvvisamente mi afferrò per la maglia, mi disse: ‘Dove avete preso il numero e perché avete scritto a mia moglie’. Arben aprì il bagagliaio, prese un bastone e iniziò a colpirmi sulle gambe, mentre Beskin mi tratteneva. Io cercavo di difendermi, parando i colpi, ma Arben continuava a percuotermi. Ho ricevuto colpi al capo, alla schiena e alle spalle. Mi hanno dato anche pugni e calci». L’albanese «intontito dalle botte», cadde a terra. «Credo di aver perso conoscenza per qualche attimo».

Secondo la denuncia, Arben ne approfittò. «Mi ha preso il portafoglio. Dentro c’erano 730 euro, la tessera bancomat, la mia carta di identità italiana e quella albanese, il mio permesso di soggiorno elettronico, il codice fiscale, l’orologio che avevo al polso e la catenina al collo». I fratelli salirono sull’auto. «Ho intravisto che imboccavano la Castelleonese verso Cremona». Il muratore rimase a terra per mezz’ora, poi si incamminò sulla Castelleonese diretto in città. Alla pattuglia della Stradale raccontò del brutale pestaggio. Arrivò l’ambulanza: ‘Trauma cranico facciale da aggressione’, dieci giorni di prognosi.

A chi ha indagato, la vittima spiegò: «Credo che l’aggressione subita sia dovuta al fatto che dieci giorni fa, un mio conoscente, tale Riza domiciliato ad Alessandria e che nei giorni in cui io ho lavorato con i due fratelli c’era anche lui, aveva mandato messaggi sul telefono della moglie di Besnik, il quale ha pensato che fossi stato io a dargli il numero della donna. Io non ho mai avuto il numero. Oltretutto, non l’ho mai vista». Al processo, la vittima non si è mai vista. L’imputato è stato assolto.

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