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Sanità in lutto, addio al dottor Salvatore Distante

Cardiologo di fama, è stato tra i fondatori dell’emodinamica e fra i primi ad introdurre esami diagnostici e interventi vascolari. Ha lavorato al Niguarda e al Maggiore, aveva 92 anni

Elisa Calamari

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24 Giugno 2024 - 17:25

Sanità in lutto, addio al dottor Salvatore Distante

CREMONA - Si dice che chi vive nel ricordo di chi resta, non muoia mai. E di certo sarà impossibile dimenticare il professor Salvatore Distante, per tutti ‘Rino’, luminare in campo medico i cui insegnamenti sono ancora oggi ricordati da generazioni di cardiologi: tra i fondatori dell’emodinamica, ha salvato centinaia di vite prima al Niguarda di Milano e poi al Maggiore di Cremona, anche grazie all’introduzione – fra i primi in Italia – di esami diagnostici e interventi vascolari quali coronografie e cateterismi cardiaci. Padre di Gimmi, avvocato e sindaco di Monticelli d’Ongina, se ne è andato a 92 anni e l’ultimo saluto sarà domani alle 14.30 nella chiesa parrocchiale di Sant’Agata.


«Per me è stato un grande esempio – dice proprio il figlio –. Tra le sue passioni, quella per la lettura che lo ha accompagnato fino a pochi mesi fa al ritmo di un libro a settimana». E poi la scienza, che lo ha portato a lavorare prima nel capoluogo milanese (dal 1959 al 1975, rivestendo anche il ruolo di responsabile del laboratorio di emodinamica del Niguarda) e poi proprio a Cremona, dove dal ‘75 al ‘98 è stato primario cardiologo. Distante inoltre è stato ufficiale medico alpino ad Aosta ed era tutt’ora iscritto al Gruppo alpini di Monticelli: «Ultimamente non frequentava più gli eventi delle penne nere per questioni di età – continua il figlio –, ma mi chiedeva sempre aggiornamenti».

Il figlio Gimmi Distante


Attilio Ferrari, suo braccio destro prima al Niguarda e poi al Maggiore, lo ricorda con ammirazione e affetto: «Era un cardiologo competente e che sapeva prendersi responsabilità. Un leader, che nei primi anni ‘70 sotto la direzione del professor Rovelli ha rivoluzionato la diagnostica con esami importanti che hanno permesso di salvare una quantità notevole di persone, anche bambini. A lui devo, dobbiamo, solo dire ‘grazie’. Quando lavoravo al suo fianco a Milano, mi passava a prendere ogni mattina alle 7, poi mi sono trasferito a Parma ma un giorno, nel 1975, mi ha telefonato e mi ha chiesto di tornare a lavorare con lui a Cremona: ho accettato subito. Mi ha insegnato la cardiologia, ma anche l’umanità con i pazienti. Al Maggiore ha di fatto impostato e costruito il reparto, mettendo le basi di quello attuale».


Anche Filippo Casolo, collega diventato amico di famiglia, lo ricorda con rispetto e gratitudine: «Abbiamo lavorato insieme al Niguarda, dove si occupava di patologie valvolari e coronarie. Si aggiornava costantemente su apparecchiature e tecniche, partecipando a congressi e muovendosi anche all’estero. Ad esempio siamo stati insieme negli Stati Uniti. Tanti arrivavano per imparare da lui. È stato un grande professionista, ha insegnato a molti».

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