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CREMONA

«Botte, sputi e insulti perché fumavo», il patrigno condannato

Condanna a 1 anno e 2 mesi e al risarcimento di una provvisionale di 5mila euro per il 50enne accusato di lesioni personali. La 22enne: «Non voleva mandarmi all'università», lui nega l'aggressione

Francesca Morandi

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fmorandi@laprovinciacr.it

17 Giugno 2024 - 18:27

«Botte, sputi e insulti perché fumavo», il patrigno condannato

Il tribunale di Cremona

CREMONA - È uscita dall’aula, sfoderando il sorriso davanti alla madre con la quale non ha più rapporti da quasi due anni. La figlia, 22enne, era soddisfatta per aver fatto condannare il patrigno a 1 anno e 2 mesi e a risarcirla con una provvisionale di 5mila euro. Lesioni personali l’accusa, perché, durante una discussione, «sputandole in faccia, afferrandola per i capelli e buttandola a terra, colpendola con calci e pugni in faccia e in altre parti del corpo», cagionava alla ragazza «ecchimosi al volto, lesioni giudicate guaribili in 15 giorni». Perché? «Non voleva che fumassi. Non voleva mandarmi all’università», il movente raccontato dalla giovane.


Sia il pm (aveva chiesto per il patrigno la condanna a 1 anno) sia il giudice hanno creduto alla giovane studentessa universitaria (da allora vive da una familiare), parte civile con l’avvocato Marco Azzali (aveva chiesto 10mila euro di provvisionale). E non al patrigno, sui 50 anni, un buon lavoro, che oggi si è difeso, raccontando la sua verità e negando l’aggressione. Assistito dall’avvocato Caterina Pacifici, ricorrerà in appello verso la sentenza di condanna con il beneficio della sospensione condizionale a patto che intraprenda un percorso di recupero presso enti o associazioni in accordo con l’Uepe di Mantova.


I fatti. Agosto del 2022. La madre scopre che sua figlia fuma. Lo viene a sapere da un’amica che le mostra una «storia» social della ragazza. Il 13 agosto la lite. «Ero molto arrabbiata. Le ho dato uno schiaffo, io ho urlato, lei piangeva. Siamo entrate in camera per vedere che cosa ci fosse. Avevo dubbi, lei si è buttata per terra. Se mio marito l’ha colpita? No. Neanche accidentalmente. Tra l’altro, mia figlia era tornata da un viaggio ed era strana», ha spiegato ieri la madre, tentando di scagionare il marito.


«Io ero la lavoro - si è difeso il patrigno — . Mi ha chiamato la mamma che aveva problemi con la figlia, aveva bisogno di me. Sono corso a casa». Mamma e figlia stavano discutendo. «La madre la rimproverava per il fumo. Temeva che si facesse delle ‘canne’, perché tornata dalle vacanze a Ibiza, non era più la stessa, era cambiata, aveva la faccia gonfia, gli occhi rossi». La madre era preoccupata che la figlia si fosse messa a frequentare brutte compagnie, che avesse preso dei vizi.
Quel giorno, la discussione prosegue in camera da letto. «La madre le ha dato uno schiaffo, la figlia l’ha spintonata. Io le ho detto: ‘Cosa stai facendo? È tua madre’. Lei mi ha risposto: ‘Tu non sei mio padre’. Sono intervenuto per bloccarla’». Il patrigno ha negato di aver aggredito la giovane in quella camera da letto messa sottosopra, perché mamma e patrigno cercavano sigarette. «Abbiamo trovato mozziconi dappertutto».


La verità della ragazza: «Lui ha iniziato ad offendermi, mi ha sputato in faccia e, poi, mi ha preso per i capelli, mi ha buttato a terra e ha iniziato a colpirmi con dei calci su tutto il corpo per poi continuare con diversi calci solo sulla testa mentre ero riversa a terra. Dopo di che, io mi sono seduta sul letto di camera mia, lui mi ha seguito». In camera, «ha continuato ad offendermi e ha ripreso a picchiarmi. Mi ha dato un pugno in faccia e mi ha lanciato una ciotola di ceramica, colpendomi sulla spalla sinistra».


Il patrigno prima, la madre poi hanno tentato di spiegare al giudice come la figlia li facesse tribolare. «Dal 2016 i rapporti con mia figlia erano difficile», ha detto la madre «Dalle medie, è stata bocciata, da quando mi sono sposato ci sono sempre stati problemi», ha fatto mettere a verbale il patrigno. Ma l’uomo era sotto accusa per lesioni gravi cagionate alla figlia della moglie durante quella discussione del 13 agosto 2022. Da questa imputazione doveva difendersi. Il quadro familiare doveva restare fuori dal processo. Ci ha provato l’avvocato Pacifici, nell’arringa, ad offrire al giudice. Ha letto un documento firmato dall’insegnante coordinatrice delle superiori, nel 2017. Era una «censura» decisa all’unanimità dai professori alla ragazza durante lo scrutinio del primo quadrimestre. L’avvocato Pacifici ha letto.

«Censura per il cumulo di sanzioni disciplinari. Già oggetto di ammonizione, la studentessa si è mostrata insensibile al dialogo educativo, riportando numerose note anche successivamente al primo provvedimento, a dispetto dei colloqui e delle telefonate intercorsi con la famiglia. Dalle otto annotazioni presenti sul registro elettronico, si desumono una costante attività di disturbo, una reiterata mancanza di rispetto per le più elementari regole di istituto e di convivenza con i pari. L’allieva rende faticoso lo svolgimento delle lezioni, sfida gli adulti se ripresa, tarda a rientrare in classe dopo gli intervalli ed i cambi dell’ora, non esegue le consegne, è spesso distratta, si azzuffa nei corridoi con le compagne». Ma questa è un’altra storia.

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