L'ANALISI
12 Giugno 2024 - 19:02
CREMA - «Ero nel parcheggio con un mio amico, quando ho visto arrivare una Range Rover, gli ho detto: ‘Stanno arrivando a prendermi’. Con una corda mi hanno legato le mano dietro la schiena. Mi hanno caricato sull’auto. Mi hanno pestato con bastoni e ferri. Avevano anche un coltello che mi hanno tirato sulla testa. Ero pieno di sangue in testa e sulle gambe. Erano incappucciati».
Nonostante siano passati due anni e mezzo da quel 29 gennaio del 2022, sabato, quando fu vittima di un sequestro e di un brutale pestaggio, un indiano trentenne residente in un paese in provincia di Bergamo, vive ancora nel terrore. «Ho sempre paura a uscire, perché questa banda gira nel week-end e io ho paura che ci provino ancora. Ho passato un periodo di depressione e faccio fatica a trovare lavoro».
Il trentenne lo ha detto oggi al processo a carico di due dei sette connazionali accusati di averlo sequestrato e massacrato di botte. Cinque di loro sono già stati condannati, ciascuno a 3 anni e 6 mesi di reclusione (con l’abbreviato) dal giudice dell’udienza preliminare. Difesi dall’avvocato Clara Carletti, i due imputati sono latitanti. Uno aveva residenza a Castelli Calepio, l’altro a Somaglia (Lodi).
Al giudice, la vittima ha raccontato «l’operazione agguato»: così la chiamò la Polizia che nella primavera di quello stesso anno arrestò i sette indiani tra i 25 e i 40 anni, autori della violenta aggressione in mezzo ai campi, tra Bottaiano (frazione di Ricengo), Casaletto Sopra e Romanengo.
Due di loro poi accompagnarono al Pronto soccorso dell’ospedale Maggiore il connazionale che arrivò in stato di semi incoscienza, con ferite da taglio su tutto il corpo, il naso fratturato e traumi ovunque (25 giorni di prognosi).
Il movente dell’aggressione non è chiaro. Pare che la vittima fosse uscita dal «Tiger Group» e per questo gliel’avessero fatta pagare.
Quella sera, legato e sequestrato sulla Range Rover, lo portarono in aperta campagna. «Arrivarono altre due auto, un’Audi A3 e una Bmw», ha riferito il 30enne. Secondo l’accusa, i connazionali lo presero ripetutamente a calci e pugni, a sprangate e bastonate. E spuntarono i coltelli.
Due di loro lo portarono al pronto soccorso dell’ospedale. «Continuavano a minacciarmi: ‘Guarda che la prossima volta ti ammazziamo. Guarda che sappiamo dove lavora tuo fratello, dove lavora la tua famiglia. Stai attento». Lo scaricarono al Maggiore e partì l’indagine.
Il processo a carico dei due latitanti proseguirà il 15 gennaio prossimo, quando sarà sentito l’amico della vittima, quel giorno nel parcheggio con lui.
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