L'ANALISI
09 Giugno 2024 - 05:30
Partenza al rallentatore per il primo mezzo sabato elettorale, ma c’è ancora tutt’oggi, fino alle 23, per recarsi alle urne. Dunque è ancora presto per sapere quanto gli italiani hanno risposto alla chiamata elettorale. Secondo i sondaggisti, l’election day con le amministrative potrebbe in qualche modo contenere il fenomeno ‘urne vuote’, ma dopo il record negativo di affluenza del 54,5% del 2019, quello del non voto appare comunque destinato a confermarsi il primo partito anche in Italia. Un caso non isolato.
Le danze erano state aperte giovedì dall’Olanda, seguita da Repubblica Ceca e Estonia, mentre il sabato elettorale ha riguardato 5 Paesi: oltre all’Italia e alla stessa Repubblica Ceca, i seggi sono stati aperti in Lettonia, Malta e Slovacchia. In Lettonia, secondo quanto comunicato dalla Commissione elettorale centrale ha votato solo il 33,68% degli aventi diritto, una percentuale di poco inferiore a quella delle elezioni del 2019.
Disincanto verso i partiti e disinteresse verso la politica sono le cause principali della disaffezione degli elettori, unita alla percezione di lontananza dalle istituzioni europee, vissute come una fucina di limitazioni e il regno della burocrazia. Pregiudizio per lo più sbagliato, basti pensare, tanto per dirne una, al roaming libero delle reti telefoniche, che consente di chiamare e ricevere chiamate da tutta l’Unione secondo la propria tariffa nazionale. Prima, era necessario accendere un mutuo per chiamare anche solo in Francia dall’Italia. Chiusa la parentesi torniamo alla questione dell’astensionismo.
Una riflessione particolare va indirizzata a chi, secondo la teoria spaziale del voto elaborata da Anthony Downs nel 1957, viene definito l’elettore non-indifferente, cioè colui che sceglie di astenersi perché nessun partito è in grado di soddisfare sufficientemente i suoi interessi, nessuna proposta politica è tale da convincerlo a recarsi alle urne. È la cosiddetta astensione per alienazione: la proposta politica preferita, la più vicina, è comunque troppo lontana dalla politica ideale del cittadino elettore e non gli garantisce un livello minimo di utilità. Ebbene: questa utilità sta nella semplice considerazione che la sua non scelta si trasforma, in realtà, in un voto per lo schieramento avversario, quello cioè più lontano da lui.
Non recarsi alle urne, dunque, si trasforma in un boomerang. Non vale, come scusa per disertare le urne, dirsi che i giochi sono già scritti, sulla base degli ultimi sondaggi pubblicati e di quelli che comunque hanno continuato a essere diffusi clandestinamente sui social e nelle chat dei politici, più freschi in quanto realizzati riservatamente più a ridosso della tornata elettorale. ‘Abbiamo già vinto’ e ‘abbiamo già perso’ ci si dice per scegliere di restarsene comodamente a casa o per scegliere spiagge e monti in alternativa ai seggi. Lo dimostra quanto accaduto in Olanda, il Paese dove giovedì è partita la maratona elettorale europea. L’affluenza alle urne, secondo la stima diffusa da Ipsos, è stata del 47 per cento, in aumento rispetto al 42 di cinque anni fa e la più alta degli ultimi 35 anni, cioè dalla caduta del muro di Berlino. Naturalmente la partita resta aperta e l’esito reale si capirà soltanto questa notte con i dati reali dello scrutino di tutti i Ventisette. Le previsioni erano che dall’Olanda sarebbe partita la prima slavina da cui poi sarebbe scaturita la frana sovranista che avrebbe travolto l’Europa. Secondo i sondaggi pre voto il Partito della Libertà (Pvv) di Geert Wilders, vincitore delle ultime elezioni politiche, avrebbe conquistato un terzo dei 31 seggi a disposizione. Stando agli exit poll diffusi subito dopo la chiusura delle urne a quanto pare ne dovrebbe avere invece solo sette.
A sorpresa l’estrema destra non sfonda e l’alleanza europeista tra Laburisti e Verdi, pur perdendo un seggio, sarebbe in testa con otto eletti. Per il leader anti-Islam ed euroscettico si tratta comunque di una vittoria netta rispetto all’unico seggio ottenuto alle scorse Europee, ma l’ondata sovranista pronosticata alla vigilia del voto viene frenata.
Dalle prime analisi sul voto risulta che il 56 per cento di coloro che avevano scelto il Pvv alle recenti politiche è rimasto a casa. Dunque il loro non voto è stato un regalo agli avversari. Si passa da un successo annunciato a un testa a testa. L’affluenza, come detto, è stata la più alta degli ultimi 35 anni, e sarebbe stato questo il fattore decisivo per la vittoria dei partiti europeisti. Si legge in una vignetta che gira molto sui social: «Io non vado a votare che il mio partito ideale non esiste», dice un tizio, e l’altro gli risponde: «Vero, ma il partito opposto ai tuoi ideali sì». Come volevasi dimostrare.
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