L'ANALISI
07 Giugno 2024 - 17:57
Piergiorgio Frati
CREMONA - Nella vecchia tipografia del giornale, nella quale si ritrovava ogni sera, era detto ‘el maéester’. Perché Piergiorgio Frati, morto nelle scorse ore nella casa di cura San Camillo, non era soltanto il decano dei giornalisti cremonesi. Suo primo amore, sempre coltivato, era stata la musica. Nato a Casalbuttano nel dicembre 1933 – tra pochi mesi avrebbe compiuto 91 anni - era quel che si dice un figlio d’arte. Suo padre, il ‘maestro’ Guido, divenne direttore della Banda musicale della Provincia di Cremona (che comparve anche nel Carosello della Rai). E il giovane Piergiorgio, dopo gli studi al liceo scientifico di Crema, passò al Conservatorio di Parma, dove fu allievo del pianista Carlo Lonati, avendo fra i compagni di corso l’allora giovanissimo Maurizio Pollini. Si diplomò con il massimo dei voti e la lode speciale dell’allora ministro della Pubblica Istruzione, Paolo Rossi.
Nel 1955 divenne, sempre a Crema, titolare di pianoforte principale e storia della musica all’Istituto ‘Folcioni’, e quattro anni dopo incaricato di pianoforte all’istituto magistrale ‘Albergoni’. Ricordato come esecutore raffinatissimo, riscuoteva ampio successo di pubblico e di critica nella sua attività concertistica. E di argomento musicale furono i suoi primi articoli a stampa; fu autore anche di una raccolta di poesie – ‘Le stagioni sognate’ – edita da Padus.
Frati era il testimone superstite della storia e dell’aneddotica de ‘La Provincia’, per la quale lavorò stabilmente dall’inizio degli anni Sessanta, diventando giornalista professionista nel 1965, lo stesso anno del suo matrimonio, a Caravaggio, con Prassede Zanotti. Aveva fatto in tempo a conoscere Mario Levi, ma i suoi direttori furono sei - Fiorino Soldi, Mauro Masone, Luciano Dacquati, Vittorio Paloschi, Francesco Tartara, Roberto Gelmini – e con Dacquati e Tartara la collaborazione divenne schietta amicizia.
Attivo nelle cronache, poi agli interni-esteri e alla cultura, arrivava in redazione di solito a metà pomeriggio e il suo umore era imprevedibile. Anticonvenzionale, scettico, eppure assertivo e talvolta ipercritico, alternava prolungati silenzi a conversazioni distese con il gusto dei ricordi, e il contrappunto dell’ironia, dei sottili giochi di parole, delle battute irriverenti, accompagnato dall’immancabile sigaretta con tanto di bocchino.
Su argomenti seri che lo interessavano e coinvolgevano era però preferibile ‘arrendersi’ che contraddirlo. Preciso e perfino elegante nell’impaginazione, soprattutto quando curava l’allora ‘terza pagina’, agli interni-esteri riuscì ad instaurare un buon rapporto con il più compassato collega Gian Paloschi («La persona più gentile che io abbia mai conosciuto», così aveva commentato la sua recente scomparsa), nonostante qualche scherzo memorabile con i lanci d’agenzia che, a tarda sera, scatenavano l’ansia di chi doveva ‘chiudere’ rispettando insieme i tempi e le notizie.
Con la direzione di Tartara (1989) e l’avvento del giornale a tabloid divenne caposervizio della cultura e degli spettacoli; gli ultimi anni, fino alla pensione, nel 1995, li passò all’ufficio centrale che coordinava, con le prime pagine, il lavoro di redazione. Fu infine, per un anno, capo della redazione culturale del settimanale ‘Mondo Padano’ diretto dall'amico e già collega Antonio Leoni. Gli anni della pensione sembravano averlo addolcito in alcune punte del suo carattere; di tanto in tanto incontrava alcuni ex colleghi e appariva contento e grato quando qualcuno si ricordava di lui con una telefonata. Ed era inevitabile che la memoria e i discorsi ritornassero su anni via via più lontani.
Piergiorgio Frati lascia la moglie e il figlio Stefano. Per sua volontà, la notizia del decesso viene data nel giorno della cremazione. Le ceneri riposeranno nel cimitero di Casalbuttano accanto al figlio Paolo, prematuramente scomparso nel 1985, dopo un incidente stradale.
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