L'ANALISI
03 Giugno 2024 - 05:00
Arcangelo Delfanti, per tutti ‘Billy’
CREMONA - Aveva tagliato da poco il traguardo dei 100 anni. «Sino a un mese prima di morire ne dimostrava una decina di meno, pensavo che sarebbe arrivato a 101 come minimo. Si divertiva ancora con me a fare le tabelline», dice l’unica figlia, Daniela. Invece Arcangelo Delfanti, per tutti ‘Billy’, se n’è andato all’improvviso. Nato il 6 febbraio 1924 a Soresina, era il più anziano iscritto all’Anpi in provincia di Cremona e l’ultimo dei deportati fra i soci dell'associazione. Per il compleanno l’Anpi lo ha omaggiato con una pergamena e tre garofani rossi legati da un nastro tricolore: ‘Grazie Billy’, a te e agli altri partigiani: vi dobbiamo la Costituzione, cardine della nostra democrazia. Grazie per il tuo impegno tra noi affinché nessuno dimentichi mai il passato. Grazie per questa tua vita lunga, dura e insieme ricca’.
«Io gli ho portato la torta con le candeline. Era fiero di quelle parole», continua Daniela, classe 1954, 43 anni come impiegata amministrativa presso l’Aspm. «Ho cominciato a riordinare la sua casa. Sapevo che, pur avendo fatto solo la quinta elementare, leggeva, ma non mi aspettavo sino a questo punto: Anna Frank, Gramsci, Togliatti e una montagna di altri libri, con le frasi sottolineate o sue considerazioni ai margini delle pagine. Ho trovato anche un sacco di riviste scientifiche. Gli piaceva sapere, aggiornarsi. Ho dato molti volumi a suoi compagni o conoscenti, alcuni li ho tenuti per me. Aveva anche tante medaglie, che ho pulito una a una». Da un faldone sono spuntate la storica prima pagina dell’Unità listata a lutto nel giorno dell’addio a Enrico Berlinguer e le lettere che Delfanti mandava spesso al La Provincia.
I suoi genitori gestivano un piccolo negozio di alimentari. A 12 anni si opponeva già, più sfrontato che consapevole, al regime, come lui stesso ricorda in ‘Fascismo a Cremona e nella sua provincia: 1922-1945’, la preziosa ricerca di Giuseppe Azzoni. «C’era una specie di fiera in piazza Garibaldi, c’era anche la pesca. Con un amico creavamo volutamente della confusione, ci hanno visto e siamo scappati, ma nella via vicina un fascista mi ha bloccato e mi ha dato una gran sberla». A 19 anni si arruolò come geniere e dopo l’8 Settembre fu rinchiuso nel lager nazista di Armensteim. «Nei mesi autunnali - è ancora lui a parlare – venivo mandato nei campi a raccogliere patate. Nella primavera del 1944 ci dissero che c’era la possibilità di rientrare in Italia, ma dovevamo aderire all’esercito della Repubblica di Salò. Una ventina hanno accettato. Gli altri 60, io per primo, no».
Lo spedirono così in una fabbrica dove venivano costruiti pezzi degli aerei Stukas. Con un altro prigioniero compiva atti di sabotaggio. «Facevamo sparire, seppellendoli nel terreno, degli attrezzi di lavoro provocando ritardi e danni. Era una cosa rischiosissima, se mi avessero beccato c’era la fucilazione, ma mi è andata bene». Liberato dai russi, nel viaggio verso casa passò da Varsavia. «C’era - ricordava - una desolazione spaventosa. Non c’erano uomini adulti, decimati da guerra e deportazioni». Tornata la pace, venne assunto come meccanico alla Latteria Soresina, dov’è rimasto per 35 anni. «Era in prima fila nelle lotte degli operai», aggiunge la figlia. Ha condotto con passione la sua battaglia politica come attivista del Pci e tesserato dell’Anpi. «Era nel comitato direttivo dell’associazione - dice Azzoni -. Non mancava mai alle riunioni. È stato sempre molto apprezzato per il suo impegno e la sua preparazione, anche su questioni internazionali».
Questo il ‘Billy’ pubblico, c’era poi quello privato, intimo, che pochi conoscono. «Non parlava spesso del periodo della prigionia, ora mi pento di non averlo ascoltato di più - riprende Daniela -. Come in tutte le famiglie, non mancavano le discussioni, a volte era un po’ rigido, ma come padre c’è sempre stato e non ha mai esitato ad aiutarmi quando mi vedeva in difficoltà. Era un idealista. Un idealista deluso da come sono andate le cose». La moglie, Giuseppina Armelloni, 97 anni, operaia «con le stesse idee di papà ma meno esuberante di lui», l’8 ottobre 2020 è stata ricoverata nella casa di riposo di Casalmorano. Una ventina di giorni dopo, l’ha seguita il marito. «Abitava con me, era in buone condizioni ma ha voluto riunirsi con la mamma perché, diceva, che se fossimo rimasti insieme noi due, non avrei potuto avere la mia vita. È stato altruista anche quella volta».
Gli anziani sposi condividevano la stessa stanza, poi sono stati separati per le diverse patologie. Uno su un piano, una sull’altro. «All’inizio si incontravano più di frequente, la mamma lo riconosceva sempre e si commuovevano». Arcangelo è rimasto lucido sino all’ultimo. «Era invece completamente sordo, per cui ho riempito 8-9 quaderni con le mie domande e le nostre conversazioni». Dopo essere stato dimesso dall’ospedale di Crema, il coraggioso prigioniero centenario è stato riportato a Casalmorano il 28 aprile mattina ed è spirato alle 6.50 del mattino dopo. «Al funerale c’erano i suoi compagni e i suoi amici. Ho visto alcuni di loro piangere. Si è fatto voler bene anche all’istituto. Aveva un cuore grande». Qualche giorno dopo, più intima, si è tenuta la cerimonia per la deposizione delle ceneri al cimitero. «che brividi per Il Silenzio, Bella ciao e Bandiera rossa suonati con la tromba».
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