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Donne: «Bloccare subito ogni fonte di violenza»

Venerdì sera alla Beata Vergine l’avvocato e docente Bonfatti Paini ha incontrato e fatto parlare gli studenti

La Provincia Redazione

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18 Maggio 2024 - 15:31

Donne: «Bloccare subito ogni fonte di violenza»

Un momento dell’incontro che si è svolto alla Beata Vergine con l’avvocato civilista e insegnante Susanna Bonfatti Paini (quarta da sinistra)

CREMONA - La violenza contro le donne avviene nel buio e nel silenzio. Investe tutti, vittime e potenziali autori; oltrepassa a slalom ogni differenza etnica o sociale, serpeggia tra le torri dei ricchi e le taverne dei poveri. Inutile coprirsi gli occhi, i dati sono inquietanti: con la pandemia, le richieste di aiuto sono aumentate del 119%. Possiamo vederci un coraggio che aumenta, se vogliamo; per altro verso, dobbiamo preoccuparci. Un profondo j’accuse! lo facciamo, e volentieri, a parole; ma costa poco, e a poco serve. Sensibilizzare, ci abbiamo già provato: occorre scomporre il problema, conoscerne le cause, ponderarne spazi e confini. A partire dalla definizione, che è tutto fuorché nitida.

Venerdì sera si è svolta alla Beata Vergine la conferenza di Susanna Bonfatti Paini, avvocato civilista, specializzata in diritto di famiglia e minorile. Bonfatti non parla da avvocato, ma da docente: insegna da un anno presso il Liceo Linguistico che ospita l’incontro, alle classi terza, quarta e quinta. La voce di Bonfatti ha solamente accompagnato il discorso. Protagoniste sono state, a sorpresa, le voci dei ragazzi. «Li coinvolgiamo perché si tratta di un’emergenza sociale – spiega Bonfatti – per i numeri e le statistiche, ma anche perché le violenze si situano in ambito familiare, e riguardano ragazzi e minori. Riguardano loro, i loro coetanei. La masterclass nasce da un approfondimento che si è svolto in classe. C’è esigenza di far conoscere ai ragazzi gli strumenti che la legge pone a loro tutela, perché si stanno avvicinando al mondo dell’affettività. Devono imparare ad apprezzarlo, ma devono anche sapersi difendere dalle sue ombre».


L’incontro si è svolto in coda al progetto ‘Masterclass BV’, un ciclo di conferenze tenute dai docenti della scuola e aperte alla comunità cittadina. «Chiudiamo in bellezza con questo contributo – ha spiegato la professoressa Tiziana Bianchi, introducendo i relatori, ricordando che la scuola si è spesa molto contro la violenza di genere -. Il nostro obiettivo è anche didattico: rendere i ragazzi protagonisti e non soltanto fruitori di un servizio: creiamo esperienze utili per dimostrare a ciascuno quali sono i suoi limiti e le sue possibilità ». La violenza di genere è un fenomeno profondamente radicato nel substrato culturale del nostro Paese.

La professoressa Tiziana Bianchi

Le statistiche sono allarmanti: «Una donna su tre nel mondo – ha spiegato Bonfatti – è stata vittima di violenza. Nella maggior parte dei casi, obiettivo della violenza non sono solo donne, ma anche bambini e ragazzi. La violenza si ripercuote anche su chi vi assiste». Non dobbiamo però pensare che sia limitata alle donne. «Anche gli uomini ne fanno esperienza, anche se in modo meno eclatante». «Troppo spesso identifichiamo la violenza con la violenza fisica. In realtà, il concetto è poliedrico e si manifesta in molte forme, talmente subdole e graduali che ci fanno precipitare in un labirinto di cui a volte le vittime stesse non si rendono conto».

Accanto alle forme della violenza fisica e verbale, ne esistono molte altre, che i ragazzi hanno illustrato una per una: violenza psicologica, che comprende atti di mancato rispetto nei confronti della vittima, e le tolgono valore; violenze sessuali, di varia intensità (dal caso estremo dell’abuso a quelli meno appariscenti, come molestie e avances indesiderate); violenze economiche e giuridiche. Da ultimo, una invisibile: la violenza assistita, quella che subisce chi assiste ad atti di violenza ai danni di una persona cara. Banalizzare, spiegano gli alunni, è pericoloso, sempre. La violenza, in ogni sua forma, produce danni irreversibili, di natura fisica e psicologica. I relatori ricordano che chi subisce violenza va incontro a sindromi depressive nel 40,3% dei casi. E potrebbe andare peggio: il 12% delle vittime sconfina in atti di autolesionismo o idee di suicidio (12%). Perché non denunciare?

«Immaginate una rana – spiega Bonfatti – che nuota in una pentola appena messa sul fuoco. Man mano che l’acqua si scalda, si accorge del pericolo, ma inizialmente lo sottovaluta. Quando la temperatura diventa insostenibile, la rana è in fin di vita, ed è troppo debole per fuggire». Si muore bolliti perché intrappolati in un complesso ricatto psicologico, spiegato come ‘ciclo della violenza’: chi la subisce prova inizialmente ad allontanarsi dall’autore; il violento tenta poi di riallacciare i rapporti (fase di perdono), portando la vittima a cedere (fase di tregua). E si ricomincia. Fortunatamente, ha concluso Bonfatti, esistono soluzioni. «Il tema è al centro della Convenzione di Istanbul. Oggi abbiamo molte strategie per combattere: codice rosso, numero verde, corsia preferenziale nella denuncia, centri antiviolenza sul territorio, assistenza legale gratuita: queste sono le risposte delle istituzioni al problema. Non fatevi intimidire».

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