L'ANALISI
28 Aprile 2024 - 07:51
CREMONA - «Oggi più che mai va ribadito il concetto per cui si deve lavorare per vivere non per morire» commenta la segretaria della Camera del lavoro cremonese Elena Curci in occasione della Giornata mondiale per la salute e la sicurezza sul lavoro. Sull’onda delle recenti stragi di Firenze e Suviana, oltre che del quotidiano stillicidio di infortuni ed incidenti sui luoghi di lavoro, la data di oggi assume allora i connotati di un monito più che di una celebrazione.
Dai report Inail in materia emerge il quadro di un 2023 in cui i morti sul lavoro sono ancora più di mille (1041 per la precisione) e gli infortuni denunciati entro il mese di dicembre sono stati oltre 585mila, in calo rispetto ai 697.773 del 2022, ma in aumento rispetto ai 555.236 del 2021 e ai 554.340 del 2020. E il trend riguarda anche il nostro territorio, riconfermandosi nei primi mesi dell’anno, come testimoniato da Dino Perboni, segretario Generale CISL Asse del Po: «Il 2023 si è chiuso con un triste primato per la nostra regione: 109.849 denunce di infortunio di cui 172 mortali e 3.809 tecnopatie denunciate. Gli infortuni mortali nei primi due mesi del 2024 sono stati 27 rispetto ai 19 dello stesso periodo del 2023. Non sono solo gli episodi mortali ad aumentare, ma anche le denunce: in totale sono state 18.386 tra gennaio e febbraio 2024 rispetto alle 16.468 nei primi due mesi dell’anno precedente. A livello territoriale da gennaio a febbraio del 2024 gli infortuni sono stati 767 rispetto ai 714 del 2023».

Numeri di un territorio ferito come tanti altri nel quale le contromisure passano, nelle parole dei sindacati, per un’azione su due fronti: da un lato quello della prevenzione e dall’altro quello delle sanzioni: «Riteniamo indispensabile - continua Perboni - dare corso ad un’intensa campagna di informazione e formazione nei luoghi di lavoro coinvolgendo dipendenti e datori di lavoro. In questo senso vanno premiate le aziende che fanno della salute e sicurezza un primato della loro organizzazione del lavoro attraverso l’introduzione di una patente che riconosca il buon operato in materia, mentre vanno pesantemente inasprire le pene e le sanzioni per quelle attività che violano le leggi sulla salute e della sicurezza».

Un approccio condiviso anche dalla Cgil che insiste, con la segretaria generale Elena Curci, sulle radici strutturali del problema: «Le tragedie che continuano a susseguirsi sul piano nazionale, così come il costante aumento di infortuni che registriamo anche nella nostra provincia, hanno la loro radice in un modello di produzione sempre più fondato sul principio del massimo ribasso. Se l’occupazione aumenta lo fa con contratti flessibili, precari o a chiamata per i quali troppo spesso non viene messo in atto alcun percorso di formazione. Inoltre il diffusissimo ricorso ad appalti e subappalti incentiva un sistema di deresposabilizzazione dei datori di lavoro che va contrastato con forza». E per quanto riguarda la provincia di Cremona Curci parla di una buona collaborazione tra sindacati, organi di controllo e Ats ma anche di gravi carenze sul fronte dell’ispettorato del lavoro: «Abbiamo recentemente siglato un accordo con la prefettura per incentivare una più efficace collaborazione tra gli organismi coinvolti. Certo resta evidente la difficoltà di operare in un territorio in cui l’ispettorato del lavoro è ancora sottodimensionato: il territorio è vasto e il contesto produttivo molto variegato, serve il personale adeguato a svolgere i dovuti controlli».
E a Cremona aumentano in particolare i casi di malattie contratte sul luogo di lavoro e gli incidenti in itinere, ovvero quelli consumatisi sul tragitto casa-lavoro.
Un problema radicato e diffuso cui rispondere «con un impegno civile e umano di tutti - afferma Germano Denti segretario della Uil - La cultura della sicurezza andrebbe insegnata fin dalle scuole e la politica continua a mostrarsi disinteressata. Tutti siamo coinvolti ma continuiamo a dare la caccia al colpevole solo a tragedie avvenute, senza preoccuparci di far sviluppare una reale consapevolezza in tutta la società».
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