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QUANDO LA SCUOLA È INCONTRO

L’ingegnere indiano in cattedra a 24 anni

La storia di Jasckaran Singh, fresco di laurea magistrale, che insegna Informatica all’Aselli

Nicola Arrigoni

Email:

narrigoni@laprovinciacr.it

22 Aprile 2024 - 05:20

L’ingegnere indiano in cattedra a 24 anni

Jasckaran Singh, docente di informatica

CREMONA - Si confonde con i suoi studenti: «Mi separano meno anni dai miei alunni rispetto alla differenza di età con i miei colleghi», dice sorridendo, Jasckaran Singh, docente di informatica al liceo Aselli, 24 anni, fresco di laurea magistrale in Ingegneria Informatica. Sguardo vispo, capelli neri a spazzola, zainetto sulle spalle, il professor Singh racconta: «Ho fatto richiesta di supplenza attraverso la messa a disposizione. A un certo punto è arrivata la chiamata, proprio a ridosso di quando mi dovevo laureare. Ma rifiutare non mi sembrava giusto».

Mentre lo dice s’illumina: «Ho preso servizio a inizio anno e a ottobre ho conseguito la laurea magistrale in Ingegneria informatica al Politecnico di Milano, dopo aver frequentato la triennale, qui a Cremona». E aggiunge: «Un bel traguardo, portato avanti col sostegno della mia famiglia, anche per questo mi sono sentito in dovere di trovarmi un lavoro a ridosso della conclusione degli studi. Mio padre è arrivato in Italia all’inizio degli anni Novanta, dopo il massacro dei Sik, avvenuto nel Punjab nel 1984.

Sono arrivato in Italia che avevo tre anni, prima a Broni, in provincia di Pavia, poi ci siamo trasferiti nel Cremonese, dove mio papà, per un periodo, ha fatto il mungitore; in seguito è passato alla Prosus e abbiamo trovato casa a Vescovato. Oggi mio padre è in cerca di lavoro. Mi sono sentito in dovere di venire in aiuto ai miei, che mi hanno sostenuto negli studi. Così ho inviato le richieste di supplenza ai presidi. La proposta mi è arrivata dall’Aselli. Quando il preside, Alberto Ferrari, mi ha chiamato, è stato impossibile rifiutare».

Singh durante una lezione al liceo Aselli

Il professor Singh non nasconde che quando gli è arrivata la proposta e, soprattutto, quando si è trovato a entrare in classe, era un po’ spaventato: «Ho chiamato mia mamma, le ho detto che non sapevo come comportarmi. Mi ha incoraggiato, mi ha suggerito di essere semplicemente me stesso. Sono entrato in classe e mi sono presentato. Mi hanno assegnato il biennio e una terza». Passare dai banchi di scuola alla cattedra gli ha provocato un effetto strano: «Non ho studiato all’Aselli, ma mi sono venuti in mente i miei anni al Torriani, cui devo la mia preparazione e di cui ho un bellissimo ricordo — spiega Jasckaran —. Poi la decisione di fare ingegneria al Politecnico e la possibilità di andare avanti grazie alle borse di studio, grazie al profitto negli esami. Alla fine, la chiusura: la magistrale conseguita mentre iniziavo la mia esperienza di docente». Il lavoro del professore gli piace.


«Ho avuto modo di capire cosa si prova a stare dall’altra parte e capire che i professori non sono superuomini, come a volte si può credere da studenti. È il lavoro più bello del mondo, ma non so se mi vedo in futuro a farlo in maniera continuativa e totalizzante. Non voglio precludermi la possibilità di trovare un’occupazione più strettamente ingegneristica. Mi piacerebbe fare esperienza e poi, magari, solo in un secondo tempo ripensare all’insegnamento. Magari in un tecnico, dove c’è un indirizzo di informatica, che permette di avere più ore continuative, ma meno classi, in modo da essere un poco più incisivo». Jasckaran si ferma un attimo e poi dice: «Ma ora mi godo quest’esperienza all’Aselli, una scuola che ha una qualità dell’insegnamento veramente alta e in cui ho trovato tanta passione fra i mie colleghi e fra gli studenti». Mentre parla suona la campanella e col sorriso dice: «Adesso devo andare, ho lezione». E si avvia verso la sua classe, confondendosi fra gli studenti.

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