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Emergenza senzatetto a Cremona: «Seconda solo a Milano»

In provincia vivono per strada quasi 500 persone, oltre un homeless su cinque è minorenne. Polis Lombardia: «Le discriminazioni possono rendere ancora più difficile l’uscita dalla povertà»

Riccardo Maruti

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rmaruti@laprovinciacr.it

19 Aprile 2024 - 05:30

Emergenza a Cremona: «Seconda solo a Milano»

CREMONA - Cremona è la provincia lombarda con il tasso più elevato di senzatetto in relazione alla popolazione residente, ad eccezione della sola metropoli milanese: sono quasi 500 le persone che vivono per strada nel territorio cremonese. Un numero — elaborato da Polis Lombardia sulla base di dati Istat — che riaccende il campanello d’allarme sulle nuove povertà, fenomeno in costante crescita a partire dal 2008.

In un recente studio, Polis Lombardia sottolinea come la condizione degli homeless impatti in misura significativa sulla salute fisica e mentale, sull’accesso all’istruzione, sull’occupazione e sulla sicurezza personale con una maggiore esposizione ai rischi di violenza, abusi e furti. Non solo: «Le persone senza dimora — si legge nel report dell’istituto regionale per il supporto alle politiche della Lombardia — sono spesso vittime di pregiudizi e discriminazioni che possono rendere ancora più difficile, per loro, uscire dalla povertà. Per affrontare il problema dell’assenza di un’abitazione stabile, sono necessari non solo programmi di alloggio a basso costo, ma anche interventi che prevedano la possibilità di fruire di servizi integrati quali un sostegno per il reinserimento sociale e lavorativo e altri servizi di supporto. Inoltre, la sensibilizzazione del pubblico sulle cause che generano l’assenza di un’abitazione stabile può aiutare a ridurre il pregiudizio e la discriminazione associati a questa condizione».

Ma c’è di più: «Fra le politiche risulta rilevante menzionare anche gli interventi del Pnrr a contrasto della povertà educativa». Le linee d’azione includono interventi che riguardano sia l’edilizia scolastica che il contrasto all’abbandono precoce e la riduzione dei divari territoriali nell’istruzione.

Secondo l’ultimo censimento della popolazione, in Italia sono più di 96mila le persone senza tetto e senza fissa dimora, di cui quasi il 38% è di nazionalità straniera. La componente maschile è prevalente (212 uomini ogni 100 donne) e l’età media è di 41,6 anni (45,5 per gli italiani e 35,2 per gli stranieri). Oltre la metà degli stranieri senza fissa dimora proviene dal continente africano, il 22% è di cittadinanza europea, mentre il 17% è di origine asiatica. In Lombardia i senzatetto sono 16.346, equivalenti al 16% del totale. Gli italiani sono prevalenti in tutte le province a eccezione di Milano e Como: nel territorio cremonese gli stranieri sono soltanto l’8% del totale dei senza fissa dimora. Secondo la distribuzione per fasce di età, in provincia di Cremona il 29% di chi non ha un’abitazione stabile ha più di 55 anni, il 29% fra i 35 e i 54 anni, il 21% tra i 18 e i 34 anni e il 22% meno di 18 anni. È proprio quest’ultimo dato il più allarmante: è minorenne oltre un homeless su cinque.

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Il progressivo aumento dei senzatetto va considerato nel quadro in peggioramento della povertà estrema. Gli specialisti di Polis Lombardia osservano: «L’obiettivo è quello di rafforzare la dimensione universalistica dell’offerta di politiche attive del lavoro, potenziando l’integrazione con le politiche sociali». Tra i destinatari rientrano «persone in condizioni di svantaggio intese come potenzialmente vulnerabili per rischio o condizione di povertà, esclusione sociale o vulnerabilità connessa alla discriminazione, persone in condizione di indigenza e grave marginalità e persone in condizione di fragilità».

Nel 2023, secondo le stime preliminari dell’Istat, in Italia le famiglie in povertà assoluta si attestano all’8,5% del totale delle famiglie residenti (erano l'8,3% nel 2022), corrispondenti a circa 5,7 milioni di individui. I minori che appartengono a famiglie in povertà assoluta sono pari a 1,3 milioni, un numero sostanzialmente stabile rispetto al 2022. Tuttavia, l’istituto nazionale di Statistica specifica che l’incidenza di povertà assoluta individuale per i minori è pari al 14%, il valore più alto della serie storica dal 2014. Rispetto al 2022, le incidenze sono stabili tra i giovani di 18-34 anni (11,9%) e tra gli over 65 (6,2%), che restano la fascia di popolazione a minore disagio economico.

‘NIDO' DEGLI ULTIMI. PORTE SPALANCATE A CHI CHIEDE AIUTO

A Crema è lo spazio della tregua. Dove trovare sollievo dalle fatiche, ripararsi dalla guerra del quotidiano, sedare i conflitti interiori. Il dormitorio San Martino — che nell’intitolazione richiama il tepore miracoloso capace di sciogliere il gelo invernale — tiene le proprie porte spalancate fino alla fine di aprile per offrire accoglienza a chi cerca rifugio perché ha smarrito la bussola dell’esistenza, sta inseguendo un sogno di rivincita oppure — semplicemente — è troppo fragile per farcela da solo. L’ingresso di via Civerchi incorniciato dalla scritta «centro pastorale» in rilievo sulla pietra è un varco fra due mondi: ‘dentro’ e ‘fuori’ si compenetrano per connettere il diritto a sentirsi ospiti con la libertà di conquistare l’autonomia.

È l’ora di cena. Ai tavoli — disposti in ordine ortogonale nella stanza lunga e stretta in fondo al cortile — è accomodata una manciata di persone. Qualcuno ha lo sguardo inchiodato al piatto, qualcun altro scambia sorrisi cordiali con Emanuele, il responsabile degli operatori che gestiscono il dormitorio sotto il coordinamento del direttore della Caritas cremasca, Claudio Dagheti. La cura dei senzatetto si ispira a due parole chiave inderogabili: accoglienza e accompagnamento. Tradotte in azione ‘in cambio’ del rispetto di un pugno di regole: «Niente alcol, zero stupefacenti, nessuna forma di aggressività e porte chiuse alle 22», spiega Emanuele.

La tolleranza reciproca è il requisito essenziale per lasciare intatta quella bolla di quiete e riposo che, sebbene non assomigli esattamente a un focolare domestico, sa emanare un caldo buono. Questa sera, salvo sorprese, ci saranno undici ospiti. Ognuno con la propria storia, chiusa dentro uno zaino o forse accartocciata in tasca. «Da qui è passata un’infinità di persone, per larghissima parte italiane — racconta Emanuele —: chi non ha mai avuto l’opportunità di emanciparsi, chi è inciampato nelle trappole della vita, chi ha sperperato una fortuna, chi si è arreso e ha scelto di accontentarsi. Noi accogliamo tutti, purché siano in grado di sostenere un colloquio civile». Il primo e fondamentale requisito per ricevere fiducia. «Alcuni sanno già che il prossimo inverno si troveranno a premere l’indice sullo stesso campanello — prosegue Emanuele —, ma tra queste mura vengono scritte di continuo anche bellissime storie di riscatto». Quelle che riempiono di senso l’impegno e d’orgoglio il cuore.

Scalate due rampe di gradini, le camere del dormitorio si aprono sul fianco del lungo corridoio. Dal grande faro montato a un palmo dal tetto piove una luce bianca che allaga il cortile, scroscia lungo i muri arancioni e cola sul ciottolato. Nella stanza riservata agli operatori, Roberta ha gli occhi fissi sullo schermo del computer. Scorre una lista di nomi: «Manca solo lui», dice con una punta di apprensione.

«Lui» è un giovane richiedente asilo originario del Camerun: sta frequentando la scuola serale per conseguire il diploma di terza media. Subito dopo l’ultima campanella si fionda in via Civerchi e si presenta — puntualissimo — con un pacato «buonasera». Roberta può rilassarsi. E si dedica alla conversazione con Chiara, che al dormitorio affronta l’esperienza del servizio civile, e Marta, giovane volontaria laureanda in Fisica. Il turno notturno, stavolta, non tocca a lei, ma è comunque voluta passare per un saluto: tra poche ore partirà per Assisi. Forse, l’attesa febbrile le toglie il sonno. Alle amiche racconta una barzelletta su Einstein, poi si mette a sfogliare le Cosmicomiche di Calvino: «Parlano dell’universo, mi saranno utili per la tesi», spiega.

Intanto qualcuno degli ospiti si affaccia alla porta: chiede un asciugamano, la schiuma da barba, un rotolo di carta igienica. Dal grande armadio che ingombra la parete spunta un po’ di tutto, dagli spazzolini da denti fino alle ciabatte. Dal viavai sbuca Tommy, neo pensionato ma volontario da oltre dieci anni. Il San Martino per lui è ormai una seconda casa, tanto che gli ospiti lo considerano un custode aggiunto: «Chi deve uscire prima delle 7 — dice — può bussare alla mia porta a qualunque ora». Le luci si spengono alle 22 in punto: è il momento di sdraiarsi. Sopra la testa sedici doghe di legno chiaro, sotto la schiena mezza spanna di materasso e nelle narici il profumo fresco dell’ammorbidente che impregna la federa. Anche il cortile sprofonda nel buio. La voce del silenzio sussurra che per arrivare all’alba non c’è altra via che la notte.

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