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PALAZZO PIGNANO

Incidente mortale con l'Ape Car: «Non guidava la figlia ma lui, e aveva bevuto»

È accaduto il 24 dicembre 2022, perse la vita il 46enne Renato Mombelli alla guida del treruote. La verità dalle indagini della polstrada: padre accusato di omicidio stradale, la giovane di autocalunnia

Francesca Morandi

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fmorandi@laprovinciacr.it

22 Marzo 2024 - 09:22

Incidente mortale con l'Ape car, 53enne indagato per omicidio stradale

L'Ape car distrutta nel tragico incidente e una volante della polizia

PALAZZO PIGNANO - Vigilia di Natale del 2022, 18.50 circa. Lungo la provinciale, all’altezza di Palazzo Pignano, il conducente di un Suv Volkswagen tampona un’Ape Piaggio che viene proiettata nel fossato. Alla guida del motocarro c’è Renato Mombelli, 46 anni, di Pandino: muore sul colpo. L’automobilista del Suv, 54 anni, è reduce da un lungo pranzo in un ristorante. Ha bevuto: 1,7 g/l emergerà poi dall’esame del sangue. E va veloce: 145 chilometri all’ora dove il limite è di 90. Sa che c’è l’ arresto. Per evitarlo, fa una telefonata alla figlia 29enne. Lei arriva sul posto. Si concorda la versione da fornire alla polizia stradale chiamata successivamente. E davanti agli agenti, la ragazza si dà la colpa. «Io ero alla guida, mio padre era il passeggero». Falso, per l’accusa. La Procura ha chiesto il rinvio a giudizio del padre per omicidio stradale aggravato dalla guida in stato di ebbrezza e dall’eccesso di velocità, e della figlia per autocalunnia. A monte dell’atto del pm, c’è oltre un anno di indagine difficoltosa della polizia stradale che è riuscita a smascherare la sceneggiata.

La conferenza stampa tenuta dalla prima dirigente Federica Deledda e dal sostituto commissario Mario Crotti


L’operazione ‘Angelo nascosto’ è il risultato dell’esperienza e dallo spirito di osservazione dei poliziotti del distaccamento di Crema, i primi a intervenire, qualità combinate con il lavoro più specialistico dei colleghi della squadra di polizia giudiziaria della sezione di Cremona attraverso l’utilizzo delle moderne tecnologie. Chi ha indagato ha analizzato varchi, telecamere pubbliche e private, le centraline del Suv, i tabulati telefonici. Un lavoro di squadra, con il supporto dei periti nominati dalla Procura, spiegato alla conferenza stampa di ieri tenuta dal primo dirigente della polizia di Stato, Federica Deledda con accanto il sostituto commissario Mario Crotti, comandante del distaccamento di Crema, l’ispettore Guido Pizzocchero, il sovrintendente Donato Pede, il sovrintendente Davide Micheletti e l’ispettore Marco Mennella della polizia giudiziaria.

La vittima Renato Mombelli


Sabato 24 dicembre. Mombelli, operatore agricolo in un’azienda di Scannabue, sta rincasando dai genitori a Pandino per la cena della Vigilia. Il tamponamento, la morte, la tragedia. La pattuglia viene allertata 20-25 minuti dopo. Non ci sono testimoni dell’incidente. I poliziotti ascoltano la versione di padre e figlia. Entrambi sono illesi. La ragazza lamenta un po’ di dolore alla spalla. Ma subito qualcosa non torna. «I loro racconti non collimavano con le lesioni riportate, la dinamica narrata, la situazione oggettiva di come è stato trovato il veicolo», spiega il primo dirigente Deledda. Al Pronto soccorso si decide di far fare gli esami del sangue a padre e figlia: lui ha bevuto, lei no. Gli investigatori passano ore a visionare i frame delle telecamere che registrano il traffico in transito sulla provinciale nell’ora dell’incidente. La speranza è di trovare un mezzo che abbia installato una dash cam. E lo trovano: è un pullman di Autoguidovie passato un minuto e alcuni secondi dopo l’incidente.

La dash cam immortala un uomo solo sulla strada: il conducente del Suv. Dall’analisi delle centraline elettroniche, si ricava una grande quantità di dati in tempo reale: orario dell’impatto, distanza, velocità, soste precedenti. Altri dati dai tabulati telefonici. Tutto si incrocia, si ricostruisce il puzzle e si dà il vero nome a chi aveva causato la morte di Mombelli, l’operaio che stava raggiungendo i propri cari per la cena della Vigilia.

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