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CREMONA

Attilio Boldori nell’aula del Consiglio

Domani al politico ucciso dagli squadristi fascisti nel 1921 sarà dedicato un banco in Comune

Barbara Caffi

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15 Marzo 2024 - 20:48

Attilio Boldori nell’aula del Consiglio

CREMONA - Nel centenario della cerimonia di consegna della cittadinanza onoraria di Cremona a Benito Mussolini, il presidente del Consiglio comunale Paolo Carletti ha deciso di dedicare un banco dell’aula consiliare ad Attilio Boldori, consigliere comunale ucciso da una squadraccia fascista l’11 dicembre 1921. Domani alle 11,30, verrà posto sul banco prescelto il nome di Boldori, affiancato dalla riproduzione della commemorazione ufficiale che ne fece il prosindaco Giuseppe Chiappari in Consiglio. «I luoghi vanno coltivati e si darà linfa vitale alla sala dei quadri del palazzo comunale restituendo simbolicamente ad Attilio Boldori il suo posto in Consiglio», ha dichiarato Carletti.

«L’idea non si sopprime con le armi, con la violenza brutale ed assassina (...) L’Italia ha lasciato instaurare in questi mesi il regime del terrore contro i socialisti, gli assassini sono impuniti e le vittime, quando la morte non le raggiunge, sono imprigionate e maltrattate dai tutori dell’ordine. Le istituzioni operaie sono incendiate, devastate, distrutte e i loro dirigenti colpiti e minacciati»: è il 24 aprile del 1921 quando Boldori pronuncia queste parole crude e veementi ai funerali di Ferruccio Ghinaglia, militante comunista ammazzato tre giorni prima a Pavia in un agguato fascista. Boldori non può saperlo, ma forse lo intuisce e lo teme: solo otto mesi dopo, l’11 dicembre del 1921, lui stesso sarà vittima degli squadristi. È un politico scomodo, Boldori, per i fascisti che pure non hanno ancora preso il potere.

Fin da ragazzo, è attivo nelle fila socialiste, si impegna nella Camera del lavoro e nella cooperazione, fondando la Federazione provinciale delle Cooperative. Al momento della morte, a 38 anni, è vicepresidente del Consiglio provinciale ed è consigliere comunale a Cremona. È un uomo onesto, scriverà un giornale dell’epoca, e alla sua morte lascia la moglie e i figli bambini in miseria. Nel 1920, da sindaco di Due Miglia, allora amministrazione autonoma, era stato fautore della fusione con Cremona.

È un politico di spicco, dunque, noto per la sua coerenza. Tiene comizi, organizza riunioni, ha un buon seguito tra i giovani. Gli ultimi anni della militanza (e della vita) di Boldori sono particolarmente difficili: l’adesione o meno alle guerre che insanguinano i primi decenni del Novecento lacera il Partito socialista, così come è una ferita bruciante la scissione che dà vita al Partito comunista. Ci sono poi i fascisti, la loro escalation di violenza anche a Cremona. Boldori è nato il 14 agosto 1883 a Due Miglia, in una famiglia contadina. Vivace, sveglio, «curioso di sapere e di imparare», nella definizione di Ernesto Caporali, futuro Costituente, va a lavorare che è poco più di un bambino, garzonetto nei cantieri edili, impegnato a portar su e giù dalle impalcature mattoni, acqua e calce.

Studia da solo, però, legge e frequenta la scuola serale, e poi diventa prima apprendista e poi tipografo alla Società Tipografica Cremonese. Anti-interventista, ha partecipato alla Grande guerra ed è tornato menomato, non mancando mai al suo impegno politico. L’11 dicembre Boldori parte in auto da Cremona con tre impiegati della Federazione delle Cooperative. Devono visitare alcune cooperative del cremasco e partecipare al Congresso della Camera del Lavoro di Crema. Dovrebbero rientrare in serata, Boldori è atteso il giorno dopo in Consiglio provinciale. Sulla strada per Casalbuttano, tra San Martino in Beliseto e San Vito, l’automobile si blocca per un guasto. L’autista scende a fare le riparazioni, Boldori e i suoi accompagnatori attraversano un campo e raggiungono una cascina.

L’auto nel frattempo è raggiunta da un camion pieno di fascisti armati, che evidentemente seguivano Boldori e i suoi. La cascina è individuata e circondata, per evitare di coinvolgere altri, Boldori esce allo scoperto. È solo e disarmato. Una prima randellata in testa lo fa barcollare, poi i colpi dei manganelli non si contano più. Sul capo, al volto, sul corpo. «Sono io, Giorgio Passani, studente di 16 anni», rivendica il ragazzino che ha inferto l’ultimo colpo. Trasportato in ospedale, Boldori muore poche ore dopo senza riprendere conoscenza.

La sua morte suscita impressione, sdegno, paura fin da subito anche a livello nazionale. Il giorno dopo a Cremona si fa una manifestazione molto partecipata e composta, tutti i partiti e varie organizzazioni diffondono manifesti, il delitto ha eco anche a livello nazionale. La prefettura vorrebbe funerali privati, invece saranno in migliaia a dare l’ultimo saluto a Boldori, che sarà sepolto vicino a Ghinaglia. Sulle loro tombe, negli anni del regime e della guerra, malgrado i divieti, i controlli e le spie non mancheranno fiori rossi.

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