L'ANALISI
14 Marzo 2024 - 05:15
Fiorella Allegri
SORESINA - «Cosa ho provato? Ero avvilita e amareggiata. Nessuno dovrebbe mai sentirsi ferito così nel profondo. Ho deciso di raccontare la mia storia perché non deve esistere un mondo, una realtà o una situazione in cui ci si vergogni di essere donna». Sono le parole di Fiorella Allegri.
Punto di riferimento per i soresinesi, oltre che per tanti altri residenti dei paesi limitrofi, ha 69 anni ed è il notaio della cittadina da 41 anni. La sua voce prestata a una denuncia sociale dopo un avvenimento che ha dell’incredibile: uscita nei giorni scorsi dal suo studio, stava percorrendo via Matteotti quando, improvvisamente, è passata davanti a un gruppo di giovani ragazze.
«Forse egiziane, forse marocchine, avevano – racconta – velo e abiti lunghi. Visetti puliti, potevano avere dodici, tredici o quattordici anni. Mi hanno urlato ‘puttana!’. Ero allibita. Mi sono girata e le ho viste sghignazzare».
L’umiliazione colpisce nel profondo: «Non è tanto la parola in sé, quanto più l’astio con cui ho avvertito fosse pronunciata. Quell’astio – dice – di altre donne che sono costrette, nel fiore degli anni, a coprire la propria bellezza che sboccia, il proprio corpo, in nome di non si sa bene cosa. Ho percepito l’odio nei confronti di chi sceglie di fare diversamente. Questo mi ha ulteriormente mortificata».
Ci tiene sin da subito, il notaio, a dirimere ogni dubbio: «Non sono certo una persona razzista. Anzi. Ho moltissimi clienti marocchini ed egiziani che frequentano abitualmente il mio studio. Parlo di persone che sono regolari nei pagamenti, che si comportano in modo educato, che nonostante quelle barriere linguistiche che a volte possono costituire un ostacolo, si comportano nel migliore dei modi. Vi dirò di più — prosegue – il mio fruttivendolo di fiducia è egiziano e non andrei mai da nessun altro. Persona onesta e squisita».
Non sarebbe, insomma, un discorso legato alla nazionalità: «Figuriamoci! Non ho dato alcuna importanza alla loro etnia o religione. Non è quello il punto. La dirimente è piuttosto il loro genere. Donne che, insieme, umiliano una donna per il solo fatto di essere, apparire e comportarsi come tale. Nessuno mi aveva mai fatto sentire inferiore in quanto appartenente al gentil sesso e nessuno deve farlo».
Secondo Allegri le ragioni affondano in un’integrazione che non è ancora riuscita: «Esercito la mia professione da 41 anni e nell’esercizio delle mie funzioni sono un pubblico ufficiale. Non mi era mai successo che una persona, che fosse italiana di origine o meno, arrivasse a offendermi. Negli ultimi anni, però, qualcosa è cambiato. Questa volta si è trattato di parole orribili, e credetemi per una donna quel termine è veramente spregevole, ma c’è dell’altro. Sono dovuta ricorrere – aggiunge – per ben due volte ai carabinieri di recente perché un uomo, di origine marocchina, è entrato nel mio studio ubriaco, comportandosi in modo molesto. Credo che il problema non sia l’inclusione in sé e per sé ma che esistano persone che, purtroppo, non vogliono proprio integrarsi».
La chiosa prende la forma di un appello: «Quel giorno mi sentivo umiliata. Mi sono confidata, da madre e moglie, con i miei cari e soprattutto con mio marito. Mi hanno consolata. E ho apprezzato molto la solidarietà di tantissimi concittadini, però ho deciso che non avrei comunque lasciato correre. Non lo faccio per me – conclude – ma perché una ‘femminilità che ha in odio l’essere donna’ è incompatibile con la nostra società. Deve esserlo. E bisogna raccontare quello che accade, bisogna denunciare senza alcuna paura. Io l’ho fatto pubblicamente e sto valutando, col mio avvocato, anche vie legali. Non dobbiamo stare in silenzio, non dobbiamo vergognarci di mostrare i capelli e di sentirci ben tenute. Di volerci belle per noi stesse. Nessuno deve permettersi di farci vergognare della nostra libertà».
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