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L'INDAGINE

Massacrato a colpi di mazze e martellate: 3 ai domiciliari, 2 indagati a piede libero

Vittima della violenza brutale, messa in atto il pomeriggio del 23 novembre scorso nel parcheggio del Centro Commerciale Cremona Po, un 25enne indiano. Tentato omicidio e minaccia grave le ipotesi di accusa

Francesca Morandi

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fmorandi@laprovinciacr.it

29 Febbraio 2024 - 08:40

Violento pestaggio nei confronti di connazionale, arrestato 22enne

CREMONA - Un’aggressione in stile arancia meccanica: l’ha subita un giovane indiano di 25 anni, massacrato a colpi di sprangate e di martellate, minacciato di morte. Per quella violenza brutale messa in atto il pomeriggio del 23 novembre scorso nel parcheggio del Centro Commerciale Cremona Po, in tre sono finiti agli arresti domiciliari, mentre due sono indagati a piede libero. Sono tutti connazionali della vittima, di età compresa tra i 20 e i 35 anni. Tentato omicidio e minaccia grave le ipotesi di accusa contestate dalla Procura. È stato un episodio di violenza brutale abnorme quello ricostruito dalla Squadra Mobile. In seguito al pestaggio, la vittima ha riportato una grave frattura scomposta dell’ulna, un trauma cranico e contusioni sul corpo. Ricoverato in ospedale, è finito sotto i ferri più volte. 

Il 23 novembre, giovedì, il 25enne era arrivato a Cremona in treno e si era recato al centro commerciale per fare acquisti. I violenti erano già lì, nascosti dietro le siepi. Sono sbucati, hanno circondato il connazionale, lo hanno picchiato, ripetutamente colpito con una spranga in ferro lunga 70 centimetri e con un martello lungo 30. Urlavano: «Adesso gli spacchiamo la testa, gli spacchiamo le gambe e le braccia». Si incitavano: «Colpisci la testa, ammazzalo». La vittima è riuscita a pararsi il volto con le mani, ad alzarsi e a scappare, inseguito dagli aggressori che continuavano a minacciarlo: «Adesso ti ammazziamo». Ha chiamato le forze dell’ordine e il 118. Le pattuglie e l’ambulanza si sono precipitate sul posto. 

L’indagine è partita subito. I poliziotti del commissario capo Marco Masia hanno guardato le immagini del sistema di videosorveglianza del Cremona Po. I filmati hanno consentito di cristallizzare i momenti prima dell’agguato con i cinque che si erano nascosti dietro le siepi. Gli investigatori hanno passato al setaccio tutte le automobili in quelle ore nel parcheggio del centro commerciale, individuandone una intestata a una donna indiana, madre di uno degli aggressori

In questura hanno convocato e sentito alcune persone informate sui fatti. I riconoscimenti fotografici hanno consentito di raccogliere numerosi indizi nei confronti dei cinque indiani. Uno di loro in passato aveva lavorato con il 25enne in una cooperativa e pare che avesse un conto in sospeso. Probabilmente la vittima aveva raccontato al datore di lavoro qualcosa sul connazionale, mettendolo nei guai. Da qui, la vendetta. Alle 4 del mattino di mercoledì 28 febbraio, su delega della Procura, i poliziotti hanno perquisito le abitazioni e a tre indagati hanno notificato l’ordinanza con cui il gip li ha messi agli arresti domiciliari. Nel corso delle perquisizioni sono stati sequestrati molti smartphone ed altri oggetti ritenuti utili per i successivi accertamenti investigativi. 

Nei confronti dei violenti, il questore Michele Singaglia ha adottato diverse misure di sicurezza. In particolare, a carico di due indagati non residenti in città, la Divisione Anticrimine ha notificato il foglio di via obbligatorio con il divieto di tornare a Cremona per 2 anni (è il decreto Caivano rafforzato). Per motivi di ordine e sicurezza pubblica, i cinque sono inoltre stati colpiti dal Daspo Willy: per tre anni hanno il divieto di entrare o stazionare nei pressi del centro commerciale e nelle aree vicine. «Il provvedimento – spiegano in questura - rientra nella categoria dei ‘Divieti di accesso ad aree urbane’ e consente di dare una risposta ancora più incisiva e mirata nei confronti di soggetti pericolosi per l’ordine e la sicurezza pubblica presenti sul territorio dell’intera provincia». In caso di violazione si rischia fino a 2 anni di carcere e fino a 20mila euro di multa. 

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