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IL CASO

Vittima di revenge porn: dottoressa licenziata per «danni all'immagine»

Nel processo penale a Brescia è emerso che non fu il personal trainer a diffondere i video e le foto dal contenuto hot della dottoressa quarantenne che collaborava con uno studio a Cremona

Francesca Morandi

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fmorandi@laprovinciacr.it

22 Febbraio 2024 - 18:52

Vittima di revenge porn: dottoressa licenziata per «danni all'immagine»

CREMONA - «Guarda che sta girando un tuo video...». Prima che i suoi video intimi diventassero virali, Maria (nome di fantasia, ndr), medico quarantenne, collaborava con due studi, uno dei quali a Cremona. Quattro anni fa fu licenziata per danno di immagine. Lei si oppose, ma in Tribunale la causa di lavoro non è mai arrivata: la dottoressa venne risarcita. Nel processo penale per revenge porn in corso a Brescia a carico di cinque imputati, ora è emerso che non fu il personal trainer a diffondere i video e le foto dal contenuto hot della dottoressa. A sostenerlo è stato il perito nominato dal giudice. Secondo Cesare Marini, esperto informatico autore della perizia - 66 pagine in tutto - nel telefono sequestrato all’uomo subito dopo la denuncia formalizzata dalla dottoressa non c’è prova della diffusione delle immagini e dei filmati hard prodotti e ricevuti direttamente dalla donna.


Il perito, sentito due giorni fa al processo dal procuratore aggiunto Nicola Serianni e dal legale dell’imputato, l’avvocato Ennio Buffoli, ha confermato la presenza di diversi file. «Sul telefono dell’imputato sono stati rinvenuti - ha spiegato - 34 file che ritraggono la parte offesa, 28 dei quali in atteggiamento sessualmente esplicito. I filmati gli sono stati inviati dalla stessa persona offesa» e da lì, aggiunge l’esperto, non si sono mossi. «L’imputato - ha detto l’esperto rifacendosi alla sua perizia - non li ha condivisi con nessuno. Non c’è traccia di invio di quei contenuti ad altri: né con WhatsApp, né con altri mezzi».


Il personal trainer, stando alla perizia, ha fatto altro, ma nulla di penalmente rilevante. «Ha condiviso cinque immagini in quattro chat - ha spiegato Marini - che hanno coinvolto complessivamente quattro persone. Ma l’ha fatto senza mostrare il viso della persona offesa, e senza fornire le sue generalità». Il perito che ha analizzato il telefono dell’imputato e della donna (lei, dopo il risarcimento ricevuto da alcuni degli indagati ha ritirato la sua costituzione di parte civile), ha affermato che quest’ultima ha condiviso i suoi video con almeno altre tre persone.

E che a differenza del personal trainer due degli indagati, tra i quali un ex calciatore del Brescia, hanno divulgato il materiale privatissimo via chat. «La persona offesa - ha detto il perito - ha chiesto agli interlocutori di cancellare quei video dalle chat una ventina di volte. Per ottenere il suo risultato ha inviato il contenuto dell’articolo 612-ter (quello che punisce il revenge porn, ndr) in 300 e più occasioni». Evidentemente, senza risultato. Il processo è stato aggiornato al 13 marzo prossimo; il 27 discussione e sentenza.

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