L'ANALISI
17 Febbraio 2024 - 17:39
L'Istituto Munari
CREMA - Martedì Pierluigi Tadi, dirigente scolastico dell’istituto Munari, ha inviato una lettera alle famiglie degli alunni iscritti alle classi prime per il prossimo anno, per dire loro che, nonostante l’unica adesione ricevuta, si sarebbe formata comunque una classe di liceo del Made in Italy. Come? Sorteggiando la metà degli iscritti al corso economico-sociale, se non ci fossero stati ripensamenti spontanei. L’iniziativa è presto diventata di dominio pubblico, in quanto alcuni genitori non l’hanno presa bene. La cosa ha subito scatenato reazioni politiche, da parte del consigliere regionale del Pd Matteo Piloni, dell’esponente di Sinistra Italiana Paolo Losco e di quello di Rifondazione comunista Simone Antonioli.
A gettare acqua sul fuoco è però intervenuto lo stesso Tadi, che ha rilasciato la seguente dichiarazione: «Stiamo terminando la fase di valutazione delle domande, prevista alla conclusione delle iscrizioni online. Confermo che, senza adesioni volontarie da parte delle famiglie, il liceo del Made in Italy non partirà, ma attiveremo due classi di liceo economico-sociale, come richiesto dalle famiglie». Incendio subito spento, dunque.
Nella lettera inviata ai genitori dei 48 alunni che hanno scelto l’economico-sociale, il dirigente aveva comunicato «un’importante modifica riguardante l’iscrizione. Al nostro istituto è stato concesso di avviare per il prossimo anno scolastico due classi di liceo del Made in Italy in sostituzione dell’opzione economico sociale. Tuttavia, visto il rilevante numero di richieste di iscrizione per questo secondo indirizzo e al fine di accontentare il maggior numero di famiglie, abbiamo deciso di mantenere per il prossimo anno entrambe le opzioni. Abbiamo provveduto a suddividere gli alunni nelle due classi sulla base delle richieste volontarie o, come estrema ratio, tramite sorteggio». Ed è stato appunto questo metodo a scatenare le critiche.
«Il liceo del Made in Italy — ha affermato Piloni — ha registrato solo 375 iscrizioni in tutta Italia. Il Munari ha registrato un solo iscritto. Di fronte a questi numeri dovrebbe sembrare evidente a tutti il flop di una proposta senza sostanza: nessun programma, nessuna linea guida, nessun indirizzo di formazione per gli insegnanti».
Prima di conoscere la replica di Tadi, il consigliere regionale del Pd aveva aggiunto: «Il preside ha deciso di far partire comunque la classe del Made in Italy. O gli studenti che si sono iscritti all’indirizzo economico sociale scelgono volontariamente di cambiare il corso, oppure saranno estratti a sorte i 24 allievi necessari per farlo partire».
Sulla stessa lunghezza d’onda il commento di Losco: «Al Munari partirà la classe del Made in Italy pur con un solo iscritto. La figuraccia del liceo utile solo per la propaganda verrà quindi mascherata dal dirigente sulle spalle degli studenti».
E Antonioli aveva aggiunto: «Esprimiamo solidarietà ai nuovi iscritti al liceo economico sociale, invitiamo loro e le famiglie a non accettar violazioni della libertà di scelta del proprio indirizzo di studio e appoggeremo ogni iniziativa che verrà messa in atto per evitare che tale cosa si concretizzi».
Sulla questione, la senatrice del Pd Simona Malpezzi ha annunciato un’interrogazione parlamentare. Ora, se sia stata la pronta levata di scudi a far raddrizzare il tiro, oppure se la correzione sia stata spontanea, poco importa. Tadi ha affermato che senza adesioni volontarie delle famiglie il nuovo liceo del ‘Fatto in Italia’ non partirà. Che è poi la risposta più logica. In effetti, in assenza di una normativa nazionale, nulla vieterebbe al Munari, qualora il proprio collegio docenti l’avesse deliberato, di cercare di avviare comunque il nuovo liceo. Resta però il fatto che non si può obbligare nessuno a frequentare un corso. Se l’iscrizione avvenisse d’ufficio, immediatamente dopo la famiglia potrebbe richiedere il nulla osta per trasferire il proprio figlio a un altro corso o in un’altra scuola. E il Munari, come qualsiasi altro istituto, non lo potrebbe negare.
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