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LE SFIDE DELLA SANITA'

Gli angeli di Cremona Solidale: «Così risvegliamo memoria e capacità relazionali»

Parlano gli educatori entrati nell’organico della Rsa dal primo gennaio scorso

La Provincia Redazione

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12 Febbraio 2024 - 05:10

Gli angeli di Cremona Solidale: «Così risvegliamo memoria e capacità relazionali»

Gli educatori del Cremona Solidale Arianna Stefanoni, Alessio Cavagnoli, Lucia Tonani, Francesca Dondè e la direttrice generale e direttrice sanitaria della struttura, Simona Gentile

CREMONA - Educere significa ‘tirar fuori ciò che è sopito’; risvegliare tutte quelle abilità acquisite che fanno parte dell’esperienza pregressa, nell’ambito di un processo che è sempre intenzionale. Questa, la sintesi perfetta del lavoro quotidiano di Stefano, Francesca, Michele, Arianna, Lucia, Pamela, Roberta, Maria, Ilaria ed Alessio, i dieci educatori che, a partire dal primo gennaio, sono entrati ufficialmente a far parte dell’organico di Cremona Solidale, dopo diciassette anni di appalto.

educatori

Michele Alquati, Stefano Moscarella, Pamela Pegoiani e Ilaria Canna


Caratterizzato da una professionalità a tutto tondo, il ruolo dell’educatore professionale (figura delineata a partire dal 1984, con un Decreto del Ministero della Sanità) non si esaurisce nella qualifica di ‘animatore’: ma rimanda in realtà ad un profilo con approfondite capacità relazionali, di progettazione ed analisi, per il quale è fondamentale il lavoro di équipe.

«Il lavoro dell’educatore non può prescindere dall’analisi dei bisogni e dall’osservazione, che è lo strumento irrinunciabile a partire dal quale organizzare l’attività di progettazione - spiega Stefano Moscarella, coordinatore dell’equipe di Cremona Solidale -, in particolare, il modello degli Otto Domini di Schalock prende in considerazione diverse aree della vita quotidiana: a partire da questo parametro efficace, l’équipe di educatori può strutturare con successo il PAI (Progetto Assistenziale Individualizzato) ed il PI (Progetto Individuale).

Cosi facendo è infatti possibile individuare le aree laddove la qualità della vita dell’ospite risulti meno soddisfacente, prevedendo interventi mirati e definendo anche una tempistica entro cui realizzare gli obiettivi prefissati. Tale progettazione avviene nel pieno rispetto delle caratteristiche dell’individuo, nonché delle sue eventuali limitazioni, così da evitare di ingenerare frustrazione e sfiducia. Ad una certa età, purtroppo, si smette di desiderare - osserva ancora Moscarella -. Per esempio, di frequente ci è capitato di chiedere ad anziani soli che cosa potessimo far recapitare loro, in occasione delle festività natalizie; in questi casi, la risposta più frequente appare un garbato rifiuto, poiché gli anziani sembrano spesso ritenere di non aver più bisogno di nulla. In un certo senso, il goal dell’attività educativa è (anche) questo: richiamare la memoria dei tempi felici; del gioco; rieducare la persona anziana alla gioia di vivere che è ancora dentro di lei, e che può e deve essere risvegliata, con grandi vantaggi in termini di benessere complessivo».

Proprio al miglioramento del tono dell’umore, dell’autostima e della percezione di sé mira una delle attività più care alle ospiti di Cremona Solidale: l’atelier di bellezza, di cui è protagonista l’educatrice Francesca Dondè. «L’atelier di bellezza è un progetto individualizzato e strutturato, che permette di ricreare un ambiente famigliare e routinario, stimolando anche l’interazione e le capacità empatiche - spiega Dondè -. Infatti, mentre fruiscono di rilassanti e gratificanti prestazioni a propria discrezione, quali manicure o messa in piega, le ospiti ricercano costantemente la relazione e il dialogo, rievocando anche occasioni della propria vita pregressa in cui erano solite dedicarsi con particolare attenzione alla cura di sé; per esempio, in previsione di una serata a teatro. L’atelier non diviene soltanto, così, efficacemente in grado di potenziare la stima di sé ma si configura anche come un’efficace palestra per la memoria e le capacità relazionali».

La professionalità dell’educatore non tralascia, inoltre, l’attenzione per la spiritualità, componente significativa all’interno della vita di molti anziani.

«La generazione di anziani con cui lavoriamo è generalmente interessata da un forte retaggio cattolico. - osserva a tale proposito l’educatrice Lucia Tonani - e questo senso di religiosità, per alcuni, non può che acuirsi, in un particolare momento in cui, avendo perduto un ruolo attivo all’interno della società, le domande sul significato della vita si moltiplicano. In questo senso, il ruolo dell’educatore si può esprimere non soltanto consentendo di continuare a partecipare alla liturgia, attraverso l’organizzazione di messe e di rosari: ma anche cercando di intercettare le fragilità e le incertezze della persona; i suoi soggettivi bisogni di rassicurazione; sostenendola nel suo personale dialogo con Dio che, quando presente, può incentivare la sensazione di serenità ed una rassicurante continuità con il passato». L’educatore è anche colui che deve saper costruire salde reti con un ente altrettanto fondamentale nel contesto della vita dell’anziano: la famiglia.

«Il famigliare è sempre una risorsa: soprattutto nella fase di ingresso dell’ospite, che è estremamente delicata, può infatti contribuire attivamente a interpretare problematiche affettive e non verbali», evidenzia Michele Alquati, educatore che per le famiglie di Cremona Solidale rappresenta, oramai da anni, un saldo punto di riferimento.

«Ovviamente, la fiducia della famiglia è il risultato di un processo che va negoziato; una certa apprensione iniziale è più che naturale. Quando però la rete parentale coglie l’attenzione dell’equipe in ogni piccolo intervento del quotidiano, nonché lo sforzo concreto di intercettare la particolare sensibilità del loro caro, non può che scaturirne una relazione positiva, animata dalla collaborazione reciproca».

L’attività degli educatori, infine, non si esplica soltanto all’interno dell’Rsa classica e dei centri diurni, ma coinvolge anche contesti quali Rsa aperta ed i Nuclei Alzheimer.

«Rsa aperta è un’offerta che si rivolge ad anziani fragili e non autosufficienti, di cui è tuttavia possibile ritardare l’ospedalizzazione, mantenendoli il più a lungo possibile presso il domicilio - Spiega Pamela Pegoiani, educatrice che si occupa di quel servizio -. Qui, la figura dell’educatore, inserita all’interno di un team multidisciplinare, struttura interventi sulla base delle caratteristiche dell’utente, definendone obiettivi e tempistiche, con tangibili vantaggi derivanti dal rapporto uno a uno. Il servizio prevede interventi della durata di un’ora circa, con attività di stimolazione cognitiva e supporto in caso di problematiche comportamentali. Le proposte sono varie: si va dalla lettura del giornale ai semplici esercizi di logica e matematica, passando per attività più rilassanti, quali l’ascolto di musica, la coloritura o il semplice invito al dialogo. Gli utenti di Rsa aperta sono spesso anziani i cui caregiver devono assentarsi nel corso della giornata, per svolgere la propria attività lavorativa: ne deriva la necessità particolare di una vicinanza affettiva, di cui l’educatore diviene il protagonista attivo. Di qui, la possibilità, per noi professionisti, di assolvere ad una duplice funzione: sostenere l’utente, migliorandone il tono dell’umore, ma anche la famiglia, alleggerendone il costante lavoro di cura».

«All’interno dei Nuclei Alzheimer, l’educatore agisce in sinergia con l’ambiente protesico - conclude Roberta Barisani, che da gennaio 2024 ha completato l’assetto dell’équipe educativa - Quest’ultimo si compone di spazi ben definiti e individuabili, che assolvono essi stessi una funzione di orientamento e di stimolazione cognitiva, particolarmente significativa all’interno di tale popolazione anziana. Sfruttando la divisione degli ambienti, abbiamo creato isole occupazionali: ceste con stoffe da piegare: aree ove trovare peluche e bambole, che arrecano conforto e stimolano il tatto. Sia in pazienti fortemente compromessi che ad alta funzionalità, momenti di stimolazione sensoriale con immagini di stagioni, musica wellness di sottofondo, esercizi di respirazione, massaggi sul viso e sulle mani e riconoscimento di profumi hanno registrato riscontri positivi. Nei Nuclei Alzheimer prende corpo un interscambio continuo con l’utente che, mostrando preferenze ed inclinazioni, diviene una risorsa efficacemente in grado di orientare gli interventi del personale educativo.
La malattia di Alzheimer, d’altronde, aumenta la vulnerabilità della persona anziana: fondamentale, tuttavia, non incappare nel dannoso equivoco di ‘infantilizzarla’. E la professionalità dell’educatore, dopotutto, risiede anche in questa forma di sensibilità: il riconoscimento dell’anziano quale prezioso testimone, di cui rispettare e preservare l’inestimabile valore umano».

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