L'ANALISI
09 Febbraio 2024 - 05:05
CREMONA - Tra il 2012 e il 2023, in Italia, sono spariti oltre 111mila negozi al dettaglio e 24mila attività di commercio ambulante; sono cresciute solo le attività di alloggio e ristorazione (+9.800). A Cremona sono 198 i negozi al dettaglio che hanno chiuso nello stesso periodo: erano 720 e sono diventati 522. Le attività di alloggio e ristorazione, 380 nel 2023, sono 19 in meno rispetto al 2012. L’emorragia ha colpito soprattutto le imprese collocate nel centro storico, dove i negozi che hanno cessato l’attività sono stati 123 sui 198 totali. Queste imprese sono passate dalle 404 del 2012 alle 281 del giugno 2023.
A livello nazionale tra il 2012 e il 2023 è sparito oltre un negozio su cinque. A Cremona in percentuale il calo del commercio al dettaglio è stato complessivamente del 27,5% in dieci anni, che diventa del 30,5% se si prendono in esame solo i negozi del centro storico. Molto più contenuto il trend delle attività di alloggio e ristorazione, calate del 4,7% ma rimaste le stesse nel centro storico.
È il quadro tracciato dall’Osservatorio sulla demografia d’impresa nelle città italiane, un’analisi dell’Ufficio Studi di Confcommercio sui cambiamenti del commercio e delle imprese nelle città italiane negli ultimi dieci anni, con particolare riguardo ai centri storici.
L’analisi riporta i dati aggiornati sull’evoluzione commerciale nelle città dal 2012 ad oggi.
Secondo la rilevazione dall’Ufficio Studi di Confcommercio, realizzata, in collaborazione con il Centro Studi delle Camere di Commercio Guglielmo Tagliacarne, nei centri storici chiudono più negozi che nelle periferie, si riducono le attività tradizionali e aumentano i servizi.
Secondo il presidente di Confcommercio Andrea Badioni , «è un quadro estremamente preoccupante. Nel corso dell’ultimo decennio, l’amministrazione ha investito molto sul concedere spazi di media e grande distribuzione e pochissimo o nulla su progettualità per il commercio di vicinato. Da un lato abbiamo un serbatoio di media e grande distribuzione che si riempie, dall’altro il serbatoio di commercio di vicinato che si svuota, e non c’è, ad oggi, un progetto di rilancio del commercio di vicinato. Siamo spesso stati tranchant sulle licenze alla media e grande distribuzione semplicemente perché, di contro, non c’è un progetto equo per il commercio locale. Non servono soldi per il commercio locale ma servono idee e progetti che devono essere sviluppati in sinergia tra tutti i soggetti coinvolti dal problema. Uno dei grandi ‘errori’, ad esempio, è l’abbandono della nostra città: il non valorizzare il nostro meraviglioso salotto cittadino. Si è preferito investire sul nuovo e all’esterno della città dimenticando le potenzialità e le bellezze del nostro centro. Auspico che gli amministratori prendano coscienza di questo problema e si possa progettare tutti assieme, ascoltandoci a vicenda, un reale progetto di rilancio del commercio locale: dal piano parcheggi ad una adeguata manutenzione del centro cittadino sino ad iniziative concrete per favorire l’insediamento, il passaggio generazionale e l’apertura di nuove realtà commerciali. Le sinergie possono essere molte ma vanno sviluppate e concretizzate con celerità».
Sottolinea dal canto suo Eugenio Marchesi, presidente delle Botteghe del Centro: «Contrastare il fenomeno della desertificazione commerciale deve essere uno degli obiettivi su cui investire immediatamente per salvare il futuro delle nostre città. Il trend negativo è in atto da qualche anno e peggiora sempre di più: occorre uno sforzo comune per riqualificare e rigenerare i centri urbani e sostenere le economie di prossimità. C’è anche l’aspetto di un mercato che cambia, sicuramente internet sta cambiando le abitudini dei consumatori e alcuni articoli non si cercano più nei negozi, per cui le attività dovrebbero sempre più specializzarsi. I commercianti delle Botteghe del Centro, attraverso numerose iniziative e progetti di promozione del commercio cittadino, sono costantemente in prima linea compiendo uno sforzo corale per tutelare, promuovere e sostenere il settore, non solo come imprenditori ma anche come cittadini».
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