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ANZIANI: I REDDITI SOTTO LA LENTE

Pensioni: «Se potessi avere (almeno) mille euro al mese»

Il 65% (76.541) dei 143.770 cremonesi a riposo dopo una vita di lavoro, vive con una cifra inferiore

Stefano Sagrestano

Email:

stefano.sagrestano@gmail.com

07 Febbraio 2024 - 05:15

Pensioni

CREMONA - Più ombre che luci nella fotografia dei pensionati residenti in provincia scattata dal sindacato loro dedicato che fa capo alla Cgil. Il 65% (76.541) dei 143.770 cremonesi che sono a riposo dopo una vita di lavoro, campa con meno di mille euro al mese. I tutto dovendo fronteggiare una lunga fase, che perdura ormai dal 2022, in cui l’inflazione (nel 2023 a Cremona si è attestata al 4,7%) e i conseguenti rincari l’hanno fatta da padrone. In questi anni, decine di migliaia di anziani che già non navigavano nell’oro sono andati ulteriormente in difficoltà. Il sindacato pensionati della Cgil fornisce una serie di dati, aggiornati a settembre 2023.

Le pensioni private erogate in provincia sono 59.540, quelle per gli ex lavoratori autonomi 39.463, le prestazioni assistenziali 18.160. Poi ci sono oltre 26mila pensionati del settore pubblico. Mimmo Palmieri, Segretario Generale dello Spi Cgil, realtà con oltre 18.500 iscritti in provincia e una presenza in 93 comuni del territorio, analizza la situazione: «Il dato complessivo è già di per sé significativo dal punto di vista demografico: il 41% dei cremonesi è in pensione. Ritengo sia estremamente preoccupante il tema della distribuzione del reddito, che non lascia le pensioni esenti da disuguaglianze e povertà».

A fronte di 76.541 pensioni di importo inferiore a 1.000 euro, ce ne sono 17.048 che superano i 2.280 euro lordi al mese. Un’altra criticità evidenziata da Palmieri è il divario di genere: «Se da un punto di vista quantitativo le pensioni erogate si suddividono in un 45% a pensionati uomini e 55% a donne – prosegue il segretario generale – da quello qualitativo la forbice è enorme: per gli uomini l’importo di erogazione medio è di 1.514,28 euro, contro gli 833,38 euro per le donne». Una differenza di quasi 700 euro mensili, in media, per i redditi pensionistici da anzianità e vecchiaia. «Come sindacato – prosegue Palmieri – siamo in prima linea per combattere le discriminazioni di genere, abbiamo a tutti i livelli un coordinamento donne dello Spi che si attiva attraverso iniziative e proposte. I dati ci mostrano quanto queste azioni siano importanti ancora oggi».

Evidente che le politiche sociali per cambiare questa situazione non possano essere attuate a livello provinciale. Serve una campagna nazionale. «A questo proposito la stessa Cgil ha avanzato da tempo delle proposte che hanno l’obiettivo di garantire trattamenti dignitosi ed equi, rapportati al costo della vita, richieste rivendicate in piattaforme siglate unitariamente a Cisl e Uil – aggiunge Palmieri –: l’obiettivo è arrivare ad approvare una vera riforma delle pensioni. È indispensabile superare la legge Monti-Fornero che fa danni ancora oggi, basterebbero pochi punti: flessibilità in uscita da 62 anni o 41 di contributi e una garanzia per giovani, precari e discontinui, così come riconoscere il valore dei lavori gravosi e precoci e superare definitivamente le differenze di genere. Bisogna garantire il potere di acquisto di chi ha lavorato una vita e oggi viene ancora trattato come un bancomat e non arriva a fine mese».

L’analisi del segretario generale dello Spi Cgil affronta poi il tema delle politiche sociali dell’attuale governo in carica. Non manca una dura critica. «Continua a fare cassa sui pensionati peggiorando il meccanismo di perequazione e taglia le rivalutazioni a partire da redditi medio-bassi. Vengono riviste al ribasso le aliquote di rendimento per i dipendenti pubblici». Secondo Palmieri la rivalutazione è l’unico meccanismo in grado di tutelare almeno in parte i redditi da pensione. «Siamo scesi in piazza e continueremo a farlo – conclude il segretario generale – perché nessuna delle nostre richieste, che rappresentano i bisogni di milioni di pensionati e che reputiamo semplicemente di buonsenso, trova risposta da questo governo, che anzi decide ancora una volta di fare cassa sui pensionati, privilegiando, ancora una volta, chi evade, chi ha speculato sulle crisi».

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