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‘Aperitivo ribelle’ no-vax green pass, Piccinelli a processo: «Festeggiavamo la vita»

Due i reati che la Procura contesta agli imputati del Comitato Fortitudo: inosservanza dei provvedimenti dell’autorità e violazione dell’articolo 18 del Testo Unico delle leggi di pubblica sicurezza

Francesca Morandi

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fmorandi@laprovinciacr.it

18 Gennaio 2024 - 15:33

‘Aperitivo ribelle’ no-vax green pass, Piccinelli a processo

Maria Grazia Piccinelli e l'aperitivo ribelle di febbraio 2022

CREMONA - Sabato 12 febbraio del 2022. Senza super green pass non si poteva entrare nei bar e nei ristoranti. E allora, i no-vax senza patente verde, una ottantina in tutto con in testa Maria Grazia Piccinelli, presidente del Comitato Fortitudo, l’aperitivo se lo organizzarono in piazza Stradivari. Apparecchiarono il pavimento: tovaglia rossa, bottiglie di prosecco e di rosso, pop-corn, patatine. ‘Aperitivo ribelle’, lo battezzarono. Tra un bicchiere e uno stuzzichino, scandirono slogan. Piccinelli va a processo insieme ad Emanuela Soffiantini, Nicoletta Mossini, Claudio Bettinelli, Elena Mastri e Francesco Marchi. Udienza il 15 maggio prossimo. Così ha deciso all’udienza pre-dibattimentale di oggi il giudice «considerato che non sussistono i presupposti per pronunciare sentenza di non luogo a procedere», pur ritenendo «non peregrina» l'ipotesi della tenuità del fatto. Il pm aveva chiesto la fissazione del giudizio.

Due i reati che la Procura contesta agli imputati. Il primo (articolo 650 del codice penale) è l’inosservanza dei provvedimenti dell’autorità. In particolare, i no vax-no green pass non ottemperarono all’ordinanza del 10 gennaio di quell’anno, firmata dall’allora prefetto Vito Danilo Gagliardi. Ordinanza «che limitava per motivi sanitari le manifestazioni di protesta in luoghi pubblici, organizzando al termine della riunione in piazza Lodi del Comitato Fortitudo un aperitivo ribelle, partecipandovi, consumando cibi e bevande, costituendo un raggruppamento di almeno 80 persone, nella piazza Stradivari di Cremona».

Il secondo: violazione dell’articolo 18 del Testo Unico delle leggi di pubblica sicurezza per aver promosso, con la redazione anche di un apposito volantino, e preso la parola, l’aperitivo ribelle, senza averne dato preventivamente avviso al questore Michele Sinigaglia. Il procedimento nasce dalla denuncia della Digos. Quel sabato pomeriggio, al termine del consueto presidio in piazza Lodi, Piccinelli e simpatizzanti si spostarono in piazza Stradivari per l’aperitivo. La Digos girò i filmati. E denunciò i sei ora a processo.

L'avvocato Gianandrea Balzarini

Oggi in tribunale era presente solo la capa del Comitato Fortitudo con il suo avvocato Gianandrea Balzarini e l’avvocato Giuseppina Paragano di Torino per i coimputati. «Eravamo lì per festeggiare la vita», si è difesa la Piccinelli. Nel precisare che «l’aperitivo, tra l’altro, si era svolto in tutta Italia», al giudice ha detto «che era stato vietato di entrare nei bar e nei ristoranti, perché non avevamo il super green pass. In un periodo dove sono stati compressi i nostri diritti costituzionali, noi abbiamo fatto quella riunione, festeggiando la vita, perché in quel momento ci veniva imposto di non festeggiare la vita. Ricordo che nel periodo dell’apartheid, le persone di colore…».

Il giudice l’ha interrotta: «Mi sembra che siamo in un contesto abbastanza diverso». Piccinelli ha ripreso: «Noi abbiamo fatto questo flash mob breve», ricordando che il sabato successivo, «il sindaco insieme alla Tavola della pace, fu invitato anche il prefetto, aveva partecipato al flash mob in piazza Roma. In quella piazza impraticabile secondo l’ordinanza del prefetto, erano più di 1000 persone. E la caratteristica non era quella di un flash mob che dura dai 5 minuti al quarto d’ora. È durata molto di più». Come dire, due pesi e due misure. La presidente del Comitato Fortitudo lo ha ribadito: «Eravamo lì per festeggiare la vita, perché i nostri diritti sono stati compressi. E noi eravamo dalla parte della legittimità e della Costituzione in modo pacifico».

Prima della decisione del giudice, gli avvocati degli imputati avevano fatto una difesa in punto di diritto. «Le limitazioni alla libertà di riunioni derivavano dai Dpcm che diversa giurisprudenza ha ritenuto illegittimi, tra cui il Tribunale di Pisa – ha spiegato l’avvocato Balzarini –. C’è una sentenza della Cassazione che ritiene, peraltro, che comunque, al di là o meno della legittimità dei Dpcm, non è praticabile l’articolo 650 del codice penale, ritenendo applicabili le sanzioni amministrative». Quanto al secondo capo di imputazione, ha proseguito l’avvocato, «non è prevista la necessità di informare la Questura nei casi di flash mob e di manifestazioni di poca durata. C’è, poi, giurisprudenza che dice che quando c’è un esiguo numero di persone e comunque la riunione non mette in pericolo l’ordine pubblico, non è necessaria l’informativa alla questura. Era un pic nic auto-finanziato, c’era la piena legittimità».

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