L'ANALISI
10 Gennaio 2024 - 05:25
CREMONA - Platone e Aristotele, Kant e Wittgenstein hanno cittadinanza fra ragionieri e geometri. Accade questo al Ghisleri. Nessun nuovo insegnamento, nessun ampliamento dell’offerta formativa, ma solo la voglia di aiutare i ragazzi a trovare un senso in quello che fanno, sostenerli nelle carenze degli apprendimenti, ma anche aiutarli a posizionare nella realtà i loro dubbi e i loro disagi. Le risorse del potenziamento, ovvero quei professori in organico, ma senza una cattedra fissa, assegnati dal Ministero dell’Istruzione, possono essere un’opportunità per immaginare una scuola diversa.
«L’insegnamento di filosofia nel nostro piano di studi non c’è, ma questo non ci ha fermato, anzi è stato uno stimolo in più — afferma la vicepreside del Ghisleri, Gloria Grazioli —. Siamo partiti da una consapevolezza: è necessario trovare un senso o porsi le domande giuste per costruire il nostro posto nel mondo. Questo vale per noi adulti e, a maggior ragione, per gli adolescenti che sono in cerca di loro stessi. Così l’arrivo di Giovanni Raimo con le sue competenze di filosofo e di psicologo ci ha aperto uno scenario appassionante e funzionale alla scuola e ai nostri studenti. Potevamo limitarci a fargli supplire le assenze dei colleghi, ma il suo profilo e la sua disponibilità ci ha permesso di fare di più. Fra l’altro questo sabato inaugurerà il nostro caffé letterario con l’incontro dal tema La psicoanalisi, ovvero il linguaggio del sintomo e della precarietà. Si tratta del primo incontro di una serie che vorrebbe aprire la scuola alla cittadinanza».
Se questo è il contesto, ad entrare nel merito del suo intervento filosofico fra partite doppie e computi catastali è lo stesso docente. «La filosofia non fornisce risposte, piuttosto suggerisce domande», afferma Giovanni Raimo, classe 1982, laureato a Pavia in Teorie filosofiche, iscritto all’ordine degli psicologi, con un master di secondo livello in Criminologia clinica, autore di saggi, cultore della materia in Filosofia del Diritto presso l’Università di Pavia. Ha appena pubblicato per Mimesis il volume: Psicoanalisi e filosofia della scienza.
Raimo, occhiale con montatura di tartaruga, abito scuro, borsa di cuoio, racconta con un po’ di pudore quello che fa. «La cosa più normale che mi può capitare è quella di sostituire i colleghi assenti - racconta —, magari di fare approfondimenti in storia o in italiano, se richiesto dai docenti. Ma il mio compito è anche quello di fornire una sorta di consulenza filosofica ai ragazzi, in gruppo o singolarmente con progetti ad hoc e su segnalazione di casi particolari».
La consulenza filosofica è una realtà in molti paesi europei, in Germania in primis, e consiste nella prassi di ascolto e condivisione di domande: «La mia fortuna è che non devo dare voti, che entro in tutte le classi e pian piano i ragazzi hanno cominciato a conoscermi e a raccontarsi — spiega —. Così vengono da me studenti indirizzati dai loro professori, oppure si presentano spontaneamente. Generalmente i ragazzi, ma in realtà non solo loro, non sanno dare un nome al loro disagio, mi raccontano della svogliatezza nell’andare a scuola, della difficoltà di trovare un senso in quello che fanno».
Si ferma e l’espressione facciale suggerisce che ciò che denunciano gli studenti sia una condizione che gli adulti condividono, ma mascherano meglio: «Il mio compito è spesso aiutarli a farsi le domande e insieme cercare qualche risposta o azione tale da superare o attutire il momento di disagio — continua —. Se il momento di difficoltà è legato a lacune sugli apprendimenti stiliamo un piano d’azione in sinergia con i docenti di riferimento. Se invece il piano è quello psicologico, il mio compito è indirizzarli allo sportello di riferimento».
La vicepreside Grazioli interviene dicendo che il compito di Raimo non è un mero compito di smistamento delle esigenze, ma è una presenza che permette ai ragazzi di farsi domande ed esternare la loro fame di senso: «La domanda più frequente è: che senso ha studiare, se poi c’è chi fa successo senza aver fatto nulla? Perché fare tanta fatica? Sono domande che i ragazzi mi fanno con uno sguardo che penetra e a cui cerchiamo insieme non tanto delle risposte, ma una strategia per dare un senso alla fatica, per non lasciare gli studi».
Ed è ancora lo spettro della dispersione e del disamore per ciò che si fa a comparire e allora le strategie da tentare sono molteplici, anche quella delle filosofia che si mette in ascolto e suggerisce domande per un percorso di crescita che unisce adulti e adolescenti. E allora la domanda: ma a cosa serve la filosofia, trova inaspettatamente una sua risposta fra ragionieri e geometri.
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