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POLIZIA: L'INTERVISTA

Pagani leva la divisa: «Crema sa sempre reagire»

In pensione il vicequestore arrivato in pieno Covid: «Soddisfatto ogni volta che abbiamo evitato il peggio»

Cristiano Mariani

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cmariani@laprovinciacr.it

29 Dicembre 2023 - 05:15

Pagani leva la divisa: «Crema sa sempre reagire»

Il vicequestore Bruno Pagani di scorta a Giorgia Meloni, oggi premier, e al senatore cremasco Renato Ancorotti

CREMA - Il giorno dell’insediamento, garantì «dialogo con la città». Tre anni dopo, svuotando i cassetti, parla di una promessa, alla quale ha «mantenuto fede». Per Bruno Pagani, quella di domenica sarà l’ultima giornata alla guida del commissariato cittadino. E coinciderà con l’addio alla divisa, che indossa dal 1982. Orgogliosamente bergamasco, sessantenne, una laurea in Scienze politiche e i gradi da vicequestore appuntati sulle spalline, a Crema era arrivato nel 2020, da Desenzano del Garda. Una permanenza nell’ufficio al primo piano del palazzo ocra di via Macallé, la sua, segnata dalla fase più buia dell’emergenza Coronavirus.

Un esordio non certo facile, immagino?
«Inserirsi in un ambiente, per me totalmente nuovo, in una situazione emergenziale come quella, effettivamente non è stato per niente semplice. Ma la situazione mi ha dato modo di apprezzare, già in quella fase, oltre alla bellezza della città, la natura laboriosa di chi la abita. E soprattutto, la capacità dei cremaschi di reagire alle difficoltà, senza abbandonarsi, in nessun caso, al vittimismo».

Di fatto, una porta spalancata sulla metropoli di Milano, il Cremasco è considerato il distretto più sensibile della provincia, in termini di criminalità. È realmente così?
«Proprio per la vicinanza ad aree particolarmente ricche e popolose, è inevitabile che il territorio risenta anche delle dinamiche dalla criminalità d’importazione. Ed è il motivo, per il quale, abbiamo sempre prestato particolare attenzione a questo tema».


Com’è stato il suo rapporto con i cremaschi, in generale?
«Ho sempre cercato di coniugare le istanze di sicurezza, proprie di una comunità, con i delicati compiti della polizia. E il dialogo, la partecipazione e l’ascolto sono stati delle linee guida, nella mia attività. Posso dire d’essere particolarmente soddisfatto dell’esperienza vissuta in questa città. Tanto che, ai cremaschi, va il mio ringraziamento per l’arricchimento professionale, come del resto umano. Così come un grazie speciale va a tutto il personale del commissariato, che ha sempre collaborato pienamente nel garantire l’ordine e la sicurezza, senza lesinare impegno e sacrificio».

Il vicequestore Bruno Pagani durante uno dei tanti incontri pubblici sul tema della prevenzione dei reati

Quali i traguardi, da inserire nella bacheca dei ricordi degli ultimi tre anni?
«Ce ne sono stati tanti, sia nell’ambito della prevenzione, attraverso il controllo del territorio, sia in quello della repressione. Lo testimoniano decine di arresti e centinaia di denunce. Significativi, non di meno, sono stati i risultati nell’ambito della polizia amministrativa, con la trattazione delle pratiche relative all’immigrazione, incrementate enormemente anche qui, come in tutto il Paese».

La carriera di un poliziotto è costellata di sfide, la più difficile affrontata a Crema?
«Indubbiamente, come ho già accennato, quella legata alla pandemia da Covid».

E quale la fase più esaltante?
«Ogni volta, che siamo riusciti a intervenire efficacemente, prima che la situazione potesse degenerare. E mi riferisco, in particolare, ai casi di violenza di genere, contrastati attraverso l’adozione di misure cautelari ad hoc. Sfruttando la corsia preferenziale, garantita dal cosiddetto codice rosso».

E il rimpianto, l’indagine che tormenta il sonno di ogni investigatore arrivato alla soglia della pensione?
«Non a Crema, in passato e in altri territori sì, ma sono cose che tengo per me. Mi porto dietro, invece, i ricordi delle tante esperienze e delle persone conosciute. Del resto, mi sono arruolato nel 1982, appena entrata in vigore la legge che smilitarizzava la polizia. E da allora, di strada ne è stata fatta tanta. L’amministrazione della pubblica sicurezza è cambiata e si è modificata, mettendosi al passo della società che si è trasformata».

Molte le sedi in cui ha prestato servizio, ma Crema sembra proprio esserle entrata nel cuore. È corretto?
«Ho lavorato a Milano, alla Malpensa, a Bergamo, Pavia, Lodi e quindi a Desenzano. A Crema, posso dire che siano state affrontate tematiche particolarmente scottanti, come la violenza di genere, le truffe agli anziani e i reati commessi da minori. E oltre a dare una risposta giudiziaria, abbiamo cercato di fornirne una educativa. Ma pure preventiva, attraverso campagne di sensibilizzazione, organizzate con associazioni, enti, parrocchie e amministrazione. È stato possibile realizzare tutto ciò, grazie a un lavoro di squadra: ognuno di noi ha fornito il proprio contributo, in base al bagaglio di competenze e alle peculiarità».

Il saluto a Crema?
«Infinitamente grato a tutti. Auguro a ogni bene».

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