L'ANALISI
LA SENTENZA
19 Dicembre 2023 - 17:30
Il tribunale di Cremona
CREMONA - Il Tribunale ha condannato a 4 anni e 6 mesi di reclusione un ventenne accusato di due violenze sessuali. Il 5 agosto del 2022, per l’accusa sotto un albero ha abusato di una diciottenne, amica d’infanzia ritrovata dopo molto tempo. Quarantotto ore dopo, il 7 agosto, in garage il ventenne ha palpeggiato un sedicenne mentre insieme stavano colorando un cartello stradale.
L’imputato, agli arresti domiciliari da allora, è stato condannato anche a un anno di misura di sicurezza. Ed ancora, a risarcire con 20mila euro (provvisionale) la diciottenne parte civile con l’avvocato Marilena Gigliotti; con 7 mila euro (provvisionale) il sedicenne e con 2mila euro a testa i suoi genitori, parti civili con gli avvocati Renato Caminati e Isabella Burgazzi di Piacenza. L’imputato era difeso dagli avvocati Gian Pietro Gennari e Claudio Tampelli.
Agosto 2022. Secondo l’accusa, i due episodi accadono in un paese dove la vita ruota attorno anche all’oratorio, ci si conosce da bambini, si stringe amicizia, si frequentano le stesse scuole, poi ci si perde di vista. Finché l’amico di infanzia ti ricontatta su Instagram. Attraverso il social, il ventenne riaggancia la compagna. Si sono visti più volte, i due, talvolta in compagnia di altre persone. Alle 21,30 del 4 agosto i due amici si danno appuntamento davanti a un albero non lontano dalla casa di lei. Un incontro programmato. La ragazzina ha chiesto al ventenne di farle i buchi nell’orecchio. Ha sentito in giro che lui il buco nei lobi lo ha già fatto ad altri. Sotto l’albero il ventenne le dice che sì, glieli farà, ma a casa di un amico. I due si mettono a chiacchierare, il tempo scorre. Alle 23,30, l’imputato si avvicina all’amica e con la scusa di guardare un video sul cellulare, comincia a toccarle le cosce, le mette un braccio attorno alla spalla. Lei non dice nulla, lo prende per un gesto affettuoso. È l’inizio di un incubo. La mano di lui si muove sul seno e sulla pancia di lei. Ma lei si oppone, non vuole che l’amico vada oltre. Lui le stringe un braccio attorno al collo, con insistenza vuole un bacio. La stretta si fa sempre più forte. Lei ha male, cerca di liberarsi, di andarsene, ma lui la blocca. La fa cadere a terra, si mette a cavalcioni, lei si dimena, urla. Con una mano lui le stringe il collo, con l’altra le tappa la bocca. Lei è terrorizzata. Nel timore di non uscirne viva, acconsente a quel bacio. E sempre la paura di finire strangolata la spinge a dire sì al rapporto sessuale «non consenziente». A casa la diciottenne racconta tutto al papà che la porta al Pronto soccorso, poi dai carabinieri.
Il secondo episodio. La sera del 7 agosto, per l’accusa l’imputato invita il sedicenne a casa sua per colorare il cartello stradale. Sono in garage. L’imputato lo sfiora nelle parti intime, ripetutamente, ma il minore non vuole, poi si sfila la cintura dei pantaloni, la passa dietro la schiena dell’adolescente, avvicinandolo a sé. La vittima si difende, puntandogli un coltellino. Ma non basta. Il sedicenne viene afferrato per i polsi, con forza. Il paese è piccolo, il minore sa che cosa è accaduto due sere prima alla ragazza. Con lo smartphone filma tutto. Il video è agli atti. La mattina, racconta tutto ai suoi amici, i quali gli consigliano di confidarsi con la madre. Lo fa. E la madre lo accompagna dai carabinieri.
L’avvocato Gigliotti ha così commentato la sentenza: «Siamo soddisfatti nel constatare che l’impegno profuso nel contenere i fatti all’interno della loro cornice oggettiva sia stato recepito dalla sentenza emessa dal Tribunale. È sempre una prova molto dura per le vittime la sovraesposizione cui l’accertamento dei fatti e delle responsabilità legittimamente richiede loro. Oggi abbiamo avuto dimostrazione che è possibile, superando gli stereotipi della violenza sessuale che, comunque, sono molto presenti nella nostra cultura, pervenire a un provvedimento che restituisce dignità alle vittime. Quando ci si trova a misurarsi con questa tipologia di reati, non è affatto scontato che si riesca a far emergere l’oggettività senza incorrere nel rischio di rendere la vittima colpevole e deresponsabilizzare l’autore».
L’avvocato Gigliotti sottolinea come vi sia «ancora una lunga strada da percorrere e una battaglia culturale da dover affrontare per debellare questo virus che sembra resistere a qualsiasi antidoto per certa parte della nostra società. Quando ci si trova difronte a casi giudiziari come questi, con dei giovanissimi come protagonisti e vittime, si sente sempre molto di più la fatica di dover scandagliare l’animo umano con le sue imperfezioni, le sue debolezze, i suoi limiti. Ciò che, a mio avviso, bisogna tener sempre presenti da giuristi, è che anche in caso di condanna non vi saranno vincitori né vinti. La vittoria potremo festeggiarla quando non ci troveremo più a scrivere così tante pagine di queste tristi storie».
Si è detto «soddisfatto» della sentenza «che conferma l’accusa», l’avvocato Caminati.
«Mio figlio è provato - ha aggiunto la madre del sedicenne -. Siamo tutti un po’ scossi. Però adesso viene messa la parola fine ad una situazione che, spero, non si ripeta nei confronti di altre ragazze e di altri ragazzi. Sono fatti purtroppo all’ordine del giorno. Magari, il sapere che si infliggono queste pene può servire da deterrente. La gente sappia che se si compiono determinati fatti, non la si fa franca».
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