L'ANALISI
28 Novembre 2023 - 05:00
Paola Capellini con il suo cane
CREMONA - «A volte, nella vita, arrivano notizie così improvvise e spiazzanti che ti fanno vedere tutto più bello. Eh sì, da oggi Hope sei parte di me. Dovremo fare un percorso insieme e, da quando mi hanno detto che esisti, vedo il cielo più azzurro, i prati più verdi, la vita che si muove. Mi rendo conto di quanto vivere, e non sopravvivere, sia meraviglioso, intrigante...». Da quanto tempo fosse parte di lei, Paola non lo sa. Del resto, Hope è stato in silenzio nella sua tana: la tonsilla.
Non ha dato sintomi: né tosse né mal di gola. Fino a quando ha deciso di manifestarsi. Era aprile scorso. La tonsilla si gonfia. Secondo un medico, gli antibiotici l’avrebbero sgonfiata. Macché. Paola si reca al San Raffaele. Il 7 luglio il test diagnostico, il 9 agosto la conferma: carcinoma maligno alla mucosa della tonsilla con la faringe già intaccata. Quella notte, Paola Capellini, 54 anni, da 27 colonna del front office dell’Associazione Industriali, donna di carattere, entra nel salotto di casa, si accomoda sul divano e sullo smartphone scrive una lettera al suo cancro. Lo battezza Hope: speranza, in inglese. Lo ringrazia. E lo ringrazierà nella seconda e ultima lettera del 28 agosto, due giorni prima di finire sotto i ferri. Un commiato.
«Hope mi hai dato uno schiaffo così forte che mi hai mostrato, di colpo, una vita piena di sorprese e mi hai condotto a una profonda introspezione». Paola ha saputo tramutare l’accettazione in un cambiamento vero, positivo, della propria vita, tenendo per mano Hope. La sua storia può incoraggiare chi ha preso quello «schiaffo così forte». «Io avevo in mente la frase di Nadia Toffa passata dal chiedersi ‘perché proprio a me?’ al ‘perché non a me?’ - racconta Paola -. Non ho detto:‘ Perché a me questo tumore che non aveva a che fare con me, perché io non fumo e non bevo’, ma ‘chi sono io per non avere un tumore?’».
Il 9 agosto, dopo la diagnosi, Paola esplode in lacrime. A farla piangere non è la parola ‘carcinoma’, ma l’altra ‘risolutiva’. «Quando mi hanno detto ‘se la cosa è in loco, è risolutiva’». Di notte scrive a Hope. Gli racconta che il suo «mondo interiore era così fragile e delicato che avevo paura solamente a ‘toccarlo’. Tu mi hai fatto entrare di colpo, spingendomi con forza in quella stanza che avevo tenuto chiusa a chiave per tutta una vita. E così, ho iniziato a fare cernite di affetti, amicizie… E, il bello, è arrivare a questo punto. Aprire l’armadio della vita dove tante persone erano lì, appese, solo a far numero, ma in realtà non hanno mai provato a coprirti dal freddo con un bellissimo cappotto caldo di affetto pulito e sincero!… Cominciamo la salita Hope perché da adesso, sarò io a prenderti per mano e condurti verso la via d’uscita e, salutandoti, sarò di nuovo libera. Paola».
La mattina, Paola si alza. «Canto, mi muovo. Mi sono detta: ‘Che cosa cambia se anche mi dispero? Niente, il tumore resta lì, non va via, non succede un miracolo. Se anche mi chiudo in camera, se sbatto la testa contro il muro, cosa cambia? Niente. Vado avanti a vivere per quel che posso’». Paola comincia la salita, prendendo per mano Hope.
L’intervento è fissato per il 31 agosto. Nella telefonata del 28, il chirurgo le spiega di nuovo l’operazione: via la tonsilla e 27 linfonodi, tracheostomia (ben più invasiva della tracheotomia), drenaggi... «La mia sensazione è che anche Hope stesse ascoltando». Paola gli scrive. «Caro Hope, oggi per entrambi è stata una giornata tosta! Stiamo per affrontare un percorso non facile, ma ricco di intenso significato. Ti ringrazio per esserti fatto vedere… Che dire. Come si fa a dare battaglia ad una parte di me, perché, pensandoci, tu lo sei! È un incontro dettato dal destino e ricco di profondo significato: un inno alla vita. Siamo qui, io e te, a tenerci per mano ancora per due giorni e poi ci separeranno. Non sarà facile dimenticarti. Sei stato inaspettato, ma un grande insegnante che mi ha spalancato gli occhi sul libro della mia vita… Sai, non mi sento affatto una guerriera, ma un’atleta perché questo percorso sarà una corsa ad ostacoli. Tra due giorni, con la vita avrò un contratto a tempo determinato che potrà rinnovarsi o finire a seconda di quello che il destino sceglierà per me. Sono convinta che la mia direzione, a differenza della tua, sarà illuminata e piena di fiori colorati, che seguirò, perché so che mi condurranno alla porta che, più di tutto, adesso desidero aprire: la mia nuova nascita. Ciao Hope, grazie di avermi spiegato come amarmi e prendermi cura, finalmente, di me».
«Quando gliel’ho scritta – prosegue Paola - mi è venuto un po’ di magone: è come se mi staccassi da mio fratello. In fondo, Hope era una parte di me, era cresciuto nel mio corpo». Oggi, quando si riflette nello specchio «per disinfettarmi la ferita o il buco lasciato dalla tracheotomia», Paola si dice «brava!». Perché «ho avuto le p... di apprezzarmi, cosa che non ho mai fatto da tutta la vita».
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