L'ANALISI
25 Novembre 2023 - 05:00
CREMONA - Non esistono solo le violenze fisiche, quelle che lasciano i lividi. A far male quanto le botte sono anche le mancanze di rispetto, i ricatti, le parole pesanti. Lo testimonia Aej, cinquant’anni, originaria di un piccolo paese serbo al confine con la Romania. Oggi sorride accanto alla figlia 18enne e al figlio 21enne, lavora in un locale, ha amici, dice che a Cremona ha trovato «tante persone che mi hanno aiutato».
È serena. Ma prima ha dovuto affrontare paura e disperazione, causate da due uomini. A portare alla luce la sua storia è Aftab Ahmed, presidente Immigrati cittadini Cremona: uno di coloro che l’hanno confortata e spronata ad avere coraggio. E che ora spera che il suo racconto, proprio il 25 novembre, possa essere d’esempio per altre donne che cercano una via d’uscita.
«Sono arrivata in Italia, a Pescara, 16 anni fa – racconta la donna –. In Serbia avevamo costruito una casa dal nulla, mancava il bagno e per farlo servivano tanti soldi che non avevamo. Così ho deciso di cercare lavoro qua, per racimolare il necessario: sono arrivata alla sera e al mattino avevo già un lavoro come badante di una coppia. Ma un giorno, quando sono tornata a casa per trovare i miei figli e portare i soldi, ho trovato mio marito intento a tradirmi con un’altra. Ho deciso di andarmene e di portare con me i miei figli. All’inizio non è stato facile: mio marito non voleva, ma restare là era diventato un incubo e a loro volevo dare un altro futuro. Che in quel piccolo paese, in mezzo al nulla, non avrebbero avuto».
Qualche tempo dopo, sempre a Pescara, si è innamorata di un altro uomo ed è andata ad abitare con lui: «Ad un certo punto ha iniziato a dire che non voleva i miei figli, a trattarmi male. Nessuna violenza, ma dovevo scegliere: o lui o loro, il ricatto. Non avevo una casa, ma me ne sono andata». Otto anni fa la decisione di trasferirsi a Cremona per lasciarsi veramente alle spalle le due storie che le avevano portato via tanto, ma non le cose più importanti: dignità, coraggio e amore dei figli. «Oggi lavoro in un ristorante qua in città, pochi giorni fa abbiamo festeggiato la maggiore età di mia figlia e mentre la guardavo ho pensato: questa è la mia vittoria. Ho passato tre frontiere, senza documenti, per dare loro un futuro migliore. Ci sono riuscita. Le donne, le mamme, possono tutto».
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