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CASALMAGGIORE

Tensione all'Oglio Po e Asola, ospedali ai ferri corti

Il Comitato del presidio mantovano boccia l’appello dei sindaci casalasco-viadanesi a Bertolaso: «Per chiedere la riapertura del loro punto nascita hanno sminuito gli standard dei nostri servizi»

Davide Luigi Bazzani

Email:

davideluigibazzani@gmail.com

17 Novembre 2023 - 10:08

Tensione all'Oglio Po e Asola, ospedali ai ferri corti

L'ospedale OglioPo di Casalmaggiore

CASALMAGGIORE - È «inopportuno» dire che l’ospedale Oglio Po ha standard e garanzie decisamente maggiori rispetto a quello di Asola. A dirlo è Laura Galliera, presidente del Comitato per lo sviluppo delle attività dell’ospedale di Asola, dopo la richiesta dei 27 sindaci dell’Ambito Oglio Po all’assessore regionale al Welfare Guido Bertolaso di riaprire il punto nascita dell’Oglio Po. «Abbiamo letto nei giorni scorsi alcuni articoli che raccontavano dell’impegno che i sindaci della zona casalasco-viadanese stanno profondendo per riportare all’ospedale Oglio-Po il reparto di ostetricia e ginecologia – esordisce la presidente —. Troviamo questa iniziativa assolutamente lodevole e comprensibile: è naturale che i rappresentanti del territorio cerchino di ripristinare, per la loro popolazione, importanti servizi sanitari che sono andati riducendosi sensibilmente nel corso del tempo».


C’è, però, un ‘ma’: «Quello che invece riteniamo poco comprensibile, e fuori luogo — osserva Galliera —, è il ricorso al confronto con altre situazioni simili, nello specifico l’inopportuna affermazione secondo cui ‘…l’Ospedale Oglio Po ha standard e garanzie decisamente maggiori rispetto ad Asola…’ e che, per questo motivo, meriterebbe la riapertura del reparto di ostetricia e ginecologia (a discapito della struttura asolana)».

L'ospedale di Asola


La presidente ricorda che «standard e garanzie sono contenute nelle norme sul funzionamento e l’accreditamento delle strutture sanitarie, il cui rispetto consente alle stesse di operare all’interno del Sistema Sanitario Nazionale e Regionale. Per i reparti di ostetricia – continua Galliera – sono proprio quegli standard e garanzie che richiedono, per la sicurezza delle partorienti, almeno 500 parti all’anno, numero sempre abbondantemente superato dall’ospedale di Asola. Infatti la chiusura del reparto di ostetricia e ginecologia venne decretato per destinare la struttura alla cura dei pazienti Covid positivi e non per un calo delle nascite, come è avvenuto in molte altre realtà nazionali e regionali».


Quanto espresso, quindi, «oltre a non essere veritiero, sembra voler fare una classifica tra cittadini di serie A e di serie B, tra chi ha diritto o meno a ricevere assistenza qualificata ad una distanza congrua dalla propria abitazione», conclude Galliera. Resta da vedere che cosa avverrà: se cioè i punti nascita potranno o meno riaprire tenendo conto delle situazioni evidenziate. Per ora la questione ha suscitato tensioni tra due territori privati, per ragioni diverse, di un servizio importante. 

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