L'ANALISI
16 Novembre 2023 - 17:17
Il tribunale di Cremona
CREMONA - «Assolta con formula piena perché il fatto non sussiste». Prima di sentire queste parole, però, una 58enne ha dovuto attendere tre anni respingendo con forza un’accusa – l’avere falsificato il testamento olografo dell’ex marito – mossa dai parenti dell’uomo, che hanno sporto querela e che si sono costituiti parte civile.
A chiudere il caso è stata la decisione, ieri, del giudice Francesco Beraglia. Tutto, però, è cominciato nel dicembre 2020 alla morte del 61enne ex consorte. Il testamento, che vede la donna come unica beneficiaria, era stato redatto nel luglio 2011, quando i due erano ancora sposati: la separazione risale al 2009, il divorzio al 2018. Impugnato da fratello e sorella dell’uomo, quel testamento è stato anche oggetto di perizia calligrafa disposta dalla Procura (che ne ha confermato l’autenticità) e a chiusura delle indagini, nel 2021, il pm Vitina Pinto ha chiesto l’archiviazione.
I familiari del 61enne, assistiti dall’avvocato Simona Bozuffi, hanno però presentato opposizione facendo leva anche su altre perizie calligrafe di parte. Fino alla decisione del giudice Pierpaolo Beluzzi che, nell’aprile 2022, visti i «riferiti rapporti conflittuali» fra gli ex coniugi e la scelta della forma olografa «particolare rispetto ad altre più garantiste ad evidenza pubblica», ha deciso per l’imputazione coatta.
Ad assistere la 58enne nella decisiva fase dibattimentale è stata a quel punto l’avvocato Ilaria Ceriali. Dopo una prima udienza, durante la quale erano stati ascoltati i fratelli del 61enne, si è arrivati a quella di pochi giorni fa, quando è stata chiamata un’altra teste di parte civile, la cognata. Previsti poi tre testimoni della difesa, ma ne è bastato uno: l’avvocato Uliana Garoli, che aveva seguito i coniugi durante la separazione e che alle domande della collega Ceriali ha risposto senza tentennamenti, spiegando che l’uomo aveva effettivamente scritto quel testamento nel suo studio. A riprova del fatto, ha mostrato la copia che aveva conservato. Colpo di scena, dunque, che ha spinto il giudice a chiudere il processo, senza la necessità di sentire altri testimoni.
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