L'ANALISI
15 Novembre 2023 - 08:14
Paolo Emiliani e la piccola Indi con i genitori
CREMONA - «Ho davanti l’ultimo paziente». Terminata la visita e finito il lungo pomeriggio, Paolo Emiliani, presidente del Movimento per la Vita («Da quando? Una trentina d’anni») e medico chirurgo, commenta il dramma di Indi.
Cosa ne pensa?
«Semplice: i giudici e i medici inglesi hanno sbagliato».
Perché?
«C’è stato, prima di tutto, un corto circuito sanitario: di fronte a una malattia inguaribile non immaginare una cura. Il grande limite della posizione inglese, una posizione che sta diventando costume in quel Paese, è, secondo me, ritenere che il paziente inguaribile sia un paziente incurabile».
Non è così?
«Il malato inguaribile è affetto da una patologia grave che lo porterà alla morte. Ma può essere curato attraverso le cure palliative e accompagnato, quando la diagnosi è infausta, verso la morte. C’è poi il secondo corto circuito».
Vale a dire?
«Il fatto che i genitori siano stati esclusi da qualsiasi decisione, completamente esautorati. Il loro parere non ha avuto nessun peso. Non c’è stata condivisione. Anche la loro richiesta di restare accanto alla figlia non è stata presa in considerazione. Come non è stata presa in considerazione l’offerta concreta avanzata dall’ospedale Bambino Gesù».
In Inghilterra, però, si parla di ‘miglior interesse’ della bambina.
«Mi domando: per un malato come può essere il ‘miglior interesse’ la morte? È una contraddizione logica enorme. È un capovolgimento culturale. Non esiste che la morte sia il bene primario della vita. Un altro elemento di confusione, di turbamento è ritenere che siano i giudici e i medici più di un padre e di una madre a vedere qual è il ‘miglior interesse’ per la loro figlia. Il papà di Indi ha affermato di aver avvertito in quel tribunale la presenza dell’inferno: è difficile non farsi domande ascoltando queste parole. Questa sentenza ha tolto ai genitori la speranza, magari infondata, e lo ha fatto in modo assolutamente crudo».
L’ha sorpresa la sentenza su Indi?
«In Inghilterra queste sentenze si stanno diffondendo, non si contano più decisioni di questo tipo».
Non si rischiava l’accanimento terapeutico?
«No. C’è stata, semmai, desistenza terapeutica. Questa bambina, ripeto, poteva essere assistita. Certo, con le cure palliative, ma assistita. È anche vero, inoltre, che la scienza, la medicina proseguono facendo ricerche sul malato».
È eutanasia quella praticata su Indi?
«Non saprei come chiamarla diversamente. È eutanasia per omissione dal momento che sono stati interrotti i trattamenti vitali per la piccola».
Come risponde a chi bolla come scelta politica la decisione del governo Meloni di concedere la cittadinanza italiana alla neonata inglese?
«Dare speranza a due genitori senza speranza non è una scelta politica, ma una posizione profondamente umana di una società, la nostra, che si pone a fianco di un padre e di una madre così disperati da non riuscire a far curare la loro figlia in un ospedale pronto ad accoglierla a braccia aperte. Il Governo ha fatto tutto quello che poteva fare offrendo il suo aiuto».
Lei è cattolico: alla base della sua convinzione c’è la sacralità della vita?
«Non vedo una questione confessionale. C’è stato un mancato rispetto della dignità umana, un rispetto sempre dovuto, in particolare alle persone fragili, come i malati e i poveri. La bussola è il riconoscimento della dignità di ogni essere umano».
Potrà mai esserci dialogo su questi temi?
«Vedo nel nostro Paese una tendenza a parlare di posizione confessionale. È invece una questione oggettiva, di realtà, laica. Se si afferma che la morte procurata è la soluzione migliore per la vita, diventa difficile incontrarsi. Non occorre essere credenti per difendere i genitori di Indi. Tanto è vero che loro credenti non sono».
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