L'ANALISI
14 Novembre 2023 - 10:32
Guido Canevari e la copertina del libro 'Ossolaro d'altri tempi'
PADERNO PONCHIELLI - Ci sono uomini che l’amore per il borgo in cui sono nati e vivono ce l’hanno stampato nel dna. E usano tutte le energie vitali rimaste per tenere viva la sua identità anche raccontando un mondo che non c’è più. Anche se nella geografia della provincia di Cremona il paese in questione, che nel nostro caso si chiama Ossolaro, con le sue quattrocento anime di oggi è un puntino. Uno di questi è sicuramente Guido Canevari, vice sindaco ai tempi del mandato del primo cittadino Giovanni Mari che, superati alla grande gli ottant’anni, ha deciso di scrivere un libro per regalare alla memoria le tradizioni accese nella minuscola frazione nel periodo compreso fra la metà degli anni Quaranta e la metà degli anni Cinquanta. Insomma come vivevano e si divertivano lui e i suoi compaesani nel primo dopoguerra. Lui l’ha chiamato «un flash sui ricordi del Piccolo Mondo Antico». La pubblicazione, dal titolo ‘Ossolaro d’altri tempi’, è stata presentata nella chiesa di santo Stefano. Presenti, oltre all’autore e ad una delegazione di compaesani, il parroco don Andrea Ghisoni con don Floriano Scolari di Polengo, il sindaco di Paderno Cristiano Strinati e la vice Simona Ravasi.
Le parole più belle e significative dell’introduzione a questo ‘amarcord’ lungo una sessantina di pagine che si leggono tutto d’un fiato sono quelle dell’ultima frase: «Non ho mai capito per quale ragione ci si possa affezionare tanto a questo piccolo paese (non un paesello) – si domanda Canevari – che non ha storia, non ha architettura, non ha attrezzature turistiche: che non offre nulla, o forse proprio per questo, non avendo nulla ti offre col cuore la sua calorosa ospitalità». Quattordici i capitoli, dedicati alle origini, al lavoro, all’istruzione e allo svago in questo lembo di terra a due passi da quella più famosa di Paderno. Famosa perché ha dato i natali al grande compositore Amilcare Ponchielli. Ossolaro non è e non diventerà mai importante e degna di essere inserita negli itinerari del turismo, ma anche grazie a contributi come questo può ambire a ritagliarsi un piccolo spazio negli annali. Chi non ha i capelli bianchi non si ricorderà certo di Steven, il messo comunale, di Gidio il fabbro, dell’organista Manàsula, dell’osteria gestita da La Bigia e della salumeria di Cirilo. Nomi e soprannomi come la Gnese che sistemava polsi e caviglie slogati, el Pelìsa il meccanico-corridore, i norcini Lidio, Dario e Pinòon e tanti altri personaggi della lunga lista che Canevari cita utilizzando anche simpatici aneddoti sconosciuti ai più, ma grazie al racconto dell’autore si imparerà a conoscere l’altra Ossolaro, dove i bambini non passavano le ore davanti ai computer o sui social.
Il libro racconta anche quanti e quali cascine c’erano (e qualcuna c’è ancora) in questo borgo che all’epoca faceva oltre mille anime: dalla Loghetto alla Colombarone, dalla Roma alla Carità, passando per il Fieniletto, il Camporicco e la Bodegasco, elenca i mestieri tipici degli artigiani locali, cita e pubblica la foto dei trattori del tempo sui quali i coltivatori passavano intere giornate nei campi, insegna come si allevava il baco da seta. Non sappiamo quante copie ha fatto stampare, l’autore. Sta di fatto che ogni famiglia dovrebbe averne una. «Chi andava via da Ossolaro – annota Canevari – anche se vi aveva dimorato per pochi anni, non lo scordava più e di tanto in tanto una visitina la faceva e succede ancora adesso; domanda di questa o quella persona, offre ‘qualcosa’ e non chiede di meglio che di fare due chiacchiere con qualcuno, snocciolando insieme a lui i ricordi dei bei tempi trascorsi, si ferma al bar».
Peccato che da qualche mese anche il bar, unico centro di aggregazione quotidiana sopravvissuto all’ombra del campanile non esista più, i gestori hanno restituito la licenza al Comune e hanno abbassato la serranda. Il sindaco Strinati però si è già messo in moto per farla rialzare al più presto.
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