L'ANALISI
11 Novembre 2023 - 09:26
CREMONA - Prima, la denuncia per aver fatto 55 euro di gasolio alla sua auto con la carta carburante aziendale durante l’orario di servizio. Poi, il licenziamento dalla Terna Rete Italia spa. Un anno fa l’assoluzione incassata dal gup del Tribunale di Cremona, perché il lavoratore il pieno di benzina non lo fece «a scrocco» in orario di servizio, ma fuori servizio. Due giorni fa il licenziamento annullato dal giudice del lavoro del Tribunale di Lodi (competente) che ha condannato Terna Rete Italia a reintegrare il lavoratore.
Protagonista, un cremonese di 50 anni, per 25 dipendente della società, messo alla porta nel 2021. Il giudice ha inoltre condannato Terna Rete Italia «al pagamento in favore del lavoratore di un’ indennità risarcitoria pari alle retribuzioni perdute dal licenziamento alla effettiva reintegrazione, comunque non superiore a 12 mensilità di retribuzione globale di fatto (importo mensile globale di fatto pari a 2.320, 42 euro) oltre accessori di legge e oltre al pagamento degli oneri previdenziali e assistenziali», scrive il giudice nelle 11 pagine di motivazione della sentenza.
Licenziamento «per giusta causa» annullato, perché nel civile l’onere della prova spettava alla società che, invece, osserva il giudice «non ha fornito elementi sufficienti in ordine alla responsabilità» del dipendente. Nella causa di lavoro, l’avvocato Alberto Gnocchi, legale del lavoratore messo alla porta e che ha impugnato il licenziamento, ha fatto entrare la sentenza di assoluzione emessa il 5 maggio di un anno fa dal gup di Cremona.
I fatti. Anno 2018, mese di dicembre. A Terna Rete Italia Spa si accorgono di una quindicina di prelievi illegali di gasolio con carte aziendali. Funziona così. Ogni carta è in dotazione a ciascuna auto di servizio: viene infilata nel parasole, l’auto viene chiusa, le chiavi vengono messe in un ufficio, nel cassetto aperto, accessibile a tutti. Indagine «poderosa». Sono stati incrociati i dati telefonici dei dipendenti, i loro orari di lavoro, si è verificato dove fossero stati fatti i prelievi. Il lavoratore è finito sotto inchiesta per un pieno. E quando la Procura ha chiuso l’indagine, la società lo ha licenziato. Accusato di utilizzo indebito della carta carburante aziendale, con l’aggravante di aver commesso il fatto con abuso di prestazione d’opera, il dipendente (difeso dagli avvocati Gnocchi e Roberto Calza) è stato assolto «per non aver commesso il fatto». Al processo è emerso che il pieno andò a farlo alle 18,30 del 18 dicembre, un martedì, e non un’ora prima, alle 17,26, come risultava, invece, dallo scontrino della carta carburante. La prova? La telecamera del distributore e la discrepanza sugli orari: l’asso nella manica tirato fuori dalla difesa.
Nella causa di lavoro, il giudice annota: «Nulla è dato sapere sulla corretta taratura dell’orario della telecamera di registrazione in assenza di indicazioni da parte della polizia giudiziaria; non risulta allegato come i carabinieri abbiano estrapolato il video. Non risulta neppure se i carabinieri abbiano verificato se l’orologio delle telecamere del distributore registri lo stesso orario di quello della cassa che emette lo scontrino. Non risulta neppure allegato se l’autovettura del dipendente sia alimentata con gasolio o benzina. Nessuna indagine è stata fatta sul punto». Licenziamento annullato.
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