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CREMONA: IL CASO

Bimba nata morta, assolta la ginecologa

Alessandra Scarpa sollevata dall'accusa di omicidio colposo della piccola Marta, deceduta nel pancione della sua mamma Nicoletta, il 3 gennaio del 2019

Francesca Morandi

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fmorandi@laprovinciacr.it

27 Ottobre 2023 - 17:57

Bimba nata morta, i consulenti tecnici: «Era necessario un monitoraggio più serrato»

CREMONA - Il giudice ha assolto «perché il fatto non sussiste», Alessandra Scarpa, ginecologa accusata di omicidio colposo della piccola Marta, morta nel pancione della sua mamma Nicoletta, il 3 gennaio del 2019, a causa di una «acuta occlusione del cordone ombelicale», un evento «imprevedibile»: la situazione precipitò nel giro di 3-4 minuti. Mamma Nicoletta fu seguita per tutta la gravidanza dal Consultorio. Il 31 dicembre del 2018 si presentò al Pronto soccorso ginecologico dell’ospedale. La visitò la dottoressa Scarpa, all’epoca in servizio al Maggiore. Era a termine. L’ostetrica le fece il tracciato: il cuoricino di Marta batteva.

Dall’ecografia, il liquido amniotico era di poco inferiore rispetto alla norma: di poco sotto i 5 centimetri. La ginecologa disse alla mamma di tornare l’indomani, perché voleva rivalutarla. La mandò a casa con le indicazioni di riposarsi e di bere 3,5 litri d’acqua. Nella visita dell’1 gennaio, il liquido amniotico era rientrato nel range di normalità. La mattina del 3 gennaio, sotto la doccia a mamma Nicoletta si ruppero le acque. Il marito la portò in ospedale. La bimba era ancora viva.


Un eventuale ricovero della madre il 31 dicembre, avrebbe cambiato il corso degli eventi? Sì, secondo il pm, che aveva chiesto di condannare a 4 mesi di reclusione la ginecologa, accusandola di «imprudenza». «Una condotta connotata da negligenza e imprudenza», aveva rimarcato l’avvocato di parte civile, Marcello Lattari, che aveva chiesto di condannare la ginecologa a risarcire mamma e papà con 100mila euro a testa e con una provvisionale non inferiore a 30mila euro ciascuno. Nelle sue conclusioni, Lattari aveva elencato i «campanelli di allarme», dalla «riduzione del liquido amniotico» alla «riduzione della crescita del feto», ai dati «sul tavolo» dei tracciati.

L'avvocato Diego Munafò

Campanelli di allarme spenti dall’avvocato difensore, Diego Munafò, il quale si è rifatto ai pareri dei consulenti sentiti al processo che nasce da una richiesta di archiviazione della Procura non accolta dal gip. «Il campanello d’allarme sul liquido amniotico non è mai suonato: la dottoressa Scarpa non è stata brava, ma bravissima. Dopo la visita del 31 dicembre, ha voluto rivedere la paziente il giorno dopo. Le ha detto di tornare a casa, di bere e di idratarsi. Il giorno dopo il liquido amniotico era rientrato nel range di normalità».

Munafò ha spento «il campanello d’allarme sulla riduzione della crescita del feto: la signora era stata seguita dal Consultorio». ‘Crescita armonica’ era scritto nel carteggio. «Si pretende che la dottoressa Scarpa dovesse allarmarsi dove non vi era allerta da parte di chi, nei mesi precedenti, aveva seguito la signora?». Dati alla alla mano, l’avvocato ha spento i campanelli d’allarme sui tracciati cardiotocografici. «Dov’è il tracciato sofferente?». E il campanello d’allarme sul diabete gestazionale: «Non lo aveva. I famosi campanelli di allarme non hanno mai suonato: gravidanza fisiologica, assenza di fattori a rischio. Abbiamo massimo rispetto nei confronti della famiglia, ma se la bimba avesse avuto problemi, non sarebbe arrivata viva al 3 gennaio». Quando mamma Nicoletta si presentò per partorire. Il cuoricino di Marta batteva ancora. Poi, il dramma, «un evento imprevedibile».

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