L'ANALISI
24 Ottobre 2023 - 05:15
Condividere la vita dei ‘reclusi’ ti conduce a volte a portare con alcuni di loro il peso dell’amarezza e della rassegnazione di chi ha archiviato definitivamente ogni aspirazione e ha scelto di vivere ai margini e al di fuori della società, convinto che non ci siano e non ci saranno più le condizioni per sentirsi ancora una volta accolto. Più frequentemente quel quotidiano ‘dietro le sbarre’ ti porta a incontrare nei loro occhi e nelle loro parole la speranza di chi vuole con tutta la forza di cui è capace raccogliere i frammenti della propria vita per ricomporli, cercare dentro di sé il coraggio di intraprendere strade nuove, mai percorse fino a quel momento, ma che possono portarlo a ritrovare un senso e uno scopo alla propria vita.
Così, ogni giorno, in un dialogo ininterrotto con quegli uomini ascolti, correggi, rimproveri, consoli, consigli … come faresti con tuo figlio quando è bloccato dall’incertezza e dalla paura davanti a scelte che spalancano davanti a lui prospettive nuove e inaspettate, come faresti con tuo fratello quando per potersi rialzare ha solo bisogno di una mano tesa di chi continua ad avere fiducia in lui, come faresti con tuo padre quando sente troppo faticoso da portare il peso delle fatiche degli anni vissuti. Ti rendi conto, però, che sono e restano solo parole. Non basta. Senti dentro il desiderio di poter essere un ponte, per permettere a chi è rimasto al di là del fiume di poterlo attraversare per raggiungere tutti gli altri. Senti dentro come il dovere di fare qualcosa, qualsiasi cosa, che possa contribuire a dare concretezza a ogni loro speranza.
Ti metti in gioco per tessere, insieme a tanti altri, una rete che unisca ogni sforzo per creare opportunità, per aprire varchi in muri che separano, isolano, precludono ogni possibilità di tornare a sentirsi parte di una comunità. Questo lavoro mi ha portato provvidenzialmente a incrociare la mia vita con quella di genitori meravigliosi che, con tutto l’amore di cui sono capaci, lottano perché le fragilità dei loro figli non siano un impedimento insormontabile perché le loro vite possano trovare una piena e vera realizzazione.
Mi ha fatto incontrare educatori, insegnanti, associazioni, gruppi che, restando a fianco di chi ha la propria vita segnata da qualsiasi forma di fragilità, con passione si spendono per riempire di concretezza una parola che, altrimenti, rischia di restare tra i tanti slogan che risuonano a vuoto: inclusione.
L’articolo 3 della nostra Costituzione recita: «È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese». «È compito della Repubblica», è compito di ciascuno di noi, istituzioni e singoli, lavorare perché questo avvenga per tutti.
Includere significa accogliere, far sentire parte di una comunità e perché questo possa avvenire non è sufficiente l’impegno di chi è direttamente coinvolto e di alcuni addetti ai lavori, ma è indispensabile l’impegno di tutti. L’impegno costante, mi permetto di sottolineare, di tutti. È necessario un chiaro e convinto cambiamento di mentalità. È necessario liberarsi da ogni forma di pregiudizio o di chiusura. È necessario sostenere nelle nostre scuole un’educazione inclusiva per prevenire discriminazioni e soprusi. È necessario promuovere percorsi e azioni mirate a favorire il dialogo sociale per vivere quella che nell’enciclica ‘Fratelli tutti’ il Papa chiama amicizia sociale perché non ci siano più intere categorie di persone emarginare in periferie esistenziali.
Includere significa fare in modo che ogni uomo e ogni donna sentano di appartenere a una società, godendo pienamente di tutti i diritti e tutte le opportunità che questa appartenenza comporta. Includere significa vedere la comunità in cui si vive come un mosaico la cui bellezza è data dalla varietà e dall’unicità di ciascuna delle tessere che lo compone. Includere significa non uniformare in un mondo di uguali, ma valorizzare la diversità come ricchezza irrinunciabile. Includere significa lavorare perché ogni uomo e ogni donna in qualsiasi condizione si trovi, sia riconosciuto come portatore oltre che di diritti, che devono essere riconosciuti e garantiti, anche di istanze ancora più profonde, come il bisogno di appartenere a una comunità, di relazionarsi, di coltivare attese e realizzare sogni. Includere significa scoprire che persone spesso etichettate come problema, sono invece una risorsa. Includere significa permettere alle persone la cui vita è stata ed è segnata da qualsiasi forma di fragilità di sentirsi corresponsabili del bene comune, protagonisti di attività lavorative che contribuiscono al raggiungimento del benessere della società e non ospiti temporanei, spettatori o, peggio ancora, pesi morti. Non c’è inclusione se essa resta uno slogan, una formula da usare nei discorsi politicamente corretti, una bandiera di cui appropriarsi. Non c’è inclusione se manca una conversione nelle pratiche della convivenza e delle relazioni.
La scelta di fondare una cooperativa in cui persone con diverse fragilità o provenienti dalla carcerazione o con disabilità lavorano insieme, lavoratori fra lavoratori, ha voluto essere un contributo che si aggiunge a tanti altri già in essere per costruire una società che sia sempre più accogliente e solidale.
Papa Francesco nella sua enciclica ‘Fratelli tutti’ ha scritto: «In una società realmente progredita, il lavoro è una dimensione irrinunciabile della vita sociale, perché non solo è un modo di guadagnarsi il pane, ma anche un mezzo per la crescita personale, per stabilire relazioni sane, per esprimere sé stessi, per condividere doni, per sentirsi corresponsabili nel miglioramento del mondo e, in definitiva, per vivere come popolo» (162).
L’opportunità di avere un lavoro, condividendo passione e fatica con qualsiasi altra persona in un ambiente in cui sono state eliminate barriere e limitazioni così da permettere a chiunque di potersi muovere ed agire in autonomia non può essere un privilegio per alcuni, ma un diritto per tutti. Avere l’opportunità di un lavoro è un elemento fondamentale per permettere ad ogni persona di giungere alla piena autonomia alla realizzazione di sé. Non corsie preferenziali, ma uguali opportunità. Avere il diritto come qualsiasi altra persona di poter vedere valorizzati i propri talenti, le proprie capacità.
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